E questo.
E che, al tramonto, se siete ragazzi fortunati, potreste avere questo.
Piccoli favori, capra con bongo of course.
happiness isn't happiness without a violin-playing goat.
E che, al tramonto, se siete ragazzi fortunati, potreste avere questo.
Piccoli favori, capra con bongo of course.
La roncola si compra in edicola, è una di quelle collezioni che io adoro tipo "tutti i taxi del mondo", "il presepe completo", "tutte le tazzine di Meissen", che ogni settimana o mese ne esce un modellino. Questa qui non so, sarà "tutti gli attrezzi di campagna" o qualcosa del genere, ed è anche un po' malsana, vista la quantità di Garlaschi e Cognes che circolano. Però non so che farci, mi fa lo stesso effetto delle "offerte della settimana" del Lidl. Sono giusto ancora in tempo per la pistola sparapunti elettrica, il trapano a percussione, le fascette in plastica fermacavi a soli 2,99 euros.
Nella mappa qui sopra non si vede l'Ossezia, ma si vede benissimo che il Caucaso rappresenta (ancora!) il confine dell'impero. Quale impero, lo decidete voi, se volete avere una visione euro- o slavo-centrica. Quel che è certo, è che il corpaccione della Turchia sta per il 99% in Asia, rappresentando non a caso il restante 1% quel posto fantastico e benedetto da tutte le religioni che è Istambul. Istambul sarebbe Europa, senza dubbio, non fosse che in Turchia il governo Erdogan ha appena approvato una legge che liberalizza il velo islamico nelle Università (bocciata dalla Corte Costituzionale), il che fa pensare al tentativo strisciante di ripristinare la legge coranica. Cui, certamente, gli istambulesi sono contrari, ma che dire del resto del paese?
Basta che prendiate un traghettino al molo di Eminonu per quello di Uskudar (eggià, l'antica Scutari, testoni che non siete altro) proprio lì di fronte, e sarete irrimediabilmente in Asia. Trabzon, l'antica Trebisonda sul Mar Nero dove all'inizio di febbraio del 2006 è stato ucciso don Andrea Santoro da un ragazzino estremista islamico di 16 anni, non è lontana dal confine con la Georgia. Eccoci, eccolo il destino della Turchia, che ci fa dire o di qua o di là. L'ha capito prima e meglio di tutti Vladimir Putin.Appena a Nord c'è la Cecenia, della quale la Russia si è già, come è noto, occupata. Due guerre hanno soffocato nel sangue tutti i tentativi ceceni di rendersi indipendenti da Santa Madre Russia. Si è trattato di una specie di pantano afghano per la Russia, che ha compreso anche il radere al suolo la capitale Grozny, il massacro di Beslan (che è in Ossezia del Nord, ma sul confine), numerose altre azioni terroristiche, assassini politici compiuti dai servizi segreti, e 250mila morti e 100mila sfollati. Per dire.
L'Inguscezia invece la Russia l'ha usata per stivarci le truppe per combattere i ceceni, e i ceceni sfollati indovinate dove sono andati a rifugiarsi? A loro volta, gli ingusci erano stati in precedenza oggetto di una delle solite pulizie etniche.
Poi c'è la Circassia, da cui nell'impero ottomano si esportavano le schiave più belle, e la Cabardino-Balcaria che è definita da Peace Reporter "un'altra polveriera balcanica".
Tutti parlano lingue diverse (e il russo, per capirsi immagino). In una lettera, inviata a Caterina di Russia nell'agosto del 1785, scrive il suo ambasciatore a Istambul: "Ai Romani occorsero 134 interpreti per tenere commerci con i popoli caucasici. (...) Intorno al 1720 soltanto nel Daghestan venivano parlati 300 idiomi, vicendevolmente incomprensibili..."
Tutti, infine, sono sostanzialmente montanari, cioè da millenni fanno la guerrilla, mica la guerra.In questi giorni al Consiglio di Sicurezza dell'ONU l'emissario russo ha usato tutto il sarcasmo possibile per far notare a Bush che la Russia sta soltanto sostenendo il diritto dell'Ossezia all'autodeterminazione e all'indipendenza, esattamente come gli USA hanno sostenuto quelle del Kosovo filooccidentale nei confronti della Serbia filorussa.
Lo sapete come si chiamava anticamente il Caucaso? Era la Colchide, quella dove Giasone andò a recuperare il vello d'oro, insieme a Medea, che anche quella è una storia piena di sangue.
Come lettura estiva istruttiva, leggetevi "L'imbroglio del turbante" di Serena Vitale, giusto edito in economica Oscar Mondadori, da cui è tratta la precendente citazione delle lettera a Caterina di Russia. Serena Vitale è una slavista, insegna letteratura russa credo alla Cattolica di Milano, ha scritto per Adelphi quel gioiellino che è "Il bottone di Puskin", e adesso - con il solito incantevole stile e con elegante precisione delle fonti - ci racconta tutto su quello che succedeva verso la fine del '700 da quelle parti, cioè un gran sferragliar di truppe che molto somiglia.
Infine: vi domandaste dov'è Rumiz - sta più a nord, sta per arrivare a San Pietroburgo dopo aver bevuto vodka in tutte le izbe ghiacciate dal confine con la Finlandia in giù. Se vi domandate se per caso abbia incontrato monaci-maghi nei loro monasteri abbandonati, o se abbia preso un freddo becco e dormito accanto a stufe e mangiato blinis, beh - ma che ve lo dico a fare.