martedì 8 febbraio 2011

Le rayon vert

Quando avevo diciassette anni o un po' prima, andavo al cinema allo spettacolo delle tre del pomeriggio.

In generale, vedevo film francesi del genere che parlavano a frasi smozzicate, una ogni quarto d'ora, spesso con i sottotitoli.
In genere, dopo ogni scena calava un nero di un dieci secondi, assai significativo delle intenzioni del regista.
Per dire, Rohmer, o certi attori tipo André Dussolier, o Aurore Clément, o Pascale Ogier: o li impari a quell'età, o puoi dire tranquillamente addio ad ogni tentativo di serio acculturamente cinematografico del genere - per puro e semplice tedio.

Insomma, ci andavo, e il cinema era vuoto, ad eccezione di due o tre posti occupati, dai quali è inutile dire che mi tenevo saggiamente lontana.
Uno era occupato sempre dalla stessa persona, diverse file avanti o diverse file dietro la mia: mi era chiaro come il sole che si trattava di un maniaco. Anzi: il maniaco, quello tipico da cinema, quello che ragionevolmente dovrebbe trovarsi in tutti i cinema, a tutti gli spettacoli.

Come mai il maniaco fosse a vedere Le rayon vert e non qualcosa di più appassionante e losco al cinema Eden lì vicino, non era questione che allora sfiorasse la mia testolina di liceale.

Molti anni dopo, lo riconobbi ad una cena elegante: insegnava storia del cinema e del teatro all'università.

Frequentammo per un periodo la stessa casa di amici comuni, lui ospite e amico dei genitori, io ospite e amica dei figli.
Viveva solo, in un hotel del centro, e cenava in un piccolo ristorante lì vicino dove andavo spesso con il Roso.
Ci sedevamo nel tavolo accanto al suo, e lui lasciava volentieri - ma con la giusta ritrosia, a non disturbare le nostre chiacchiere da fidanzati -la pila di giornali e riviste che gli faceva compagnia.
Così, cominciavamo.
Lui a regalarci la meraviglia di quando conosceva Pasolini, Visconti e Fellini; io a ricambiare facendolo ridere, raccontandogli di Nicole Kidman e Tom Cruise e i gossip di Hollywood.

Così, adesso - adesso che quel cinema non esiste nemmeno più - ogni volta che qualcuno mi chiede se io sono una da film francesi, o russi o iraniani, dico di no, che non lo sono, ma mi vengono in mente la ragazzina, la giovane donna, e il Professore. Quei tre se la ridono insieme, e un po' mi mancano.

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