martedì 27 maggio 2008

A Parigi piove

Nel caso ve lo domandaste, a Parigi piove da ormai 72 ore.
Capre e violini nemmeno l'ombra.

Tutto è esattamente dov'era - capita ancora che certi grandi magazzini abbiano straordinarie cupole Liberty, e che gli antiquari e le minuscole boutique occupino come prima angoli incantevoli proprio dietro l'Opéra dove arrivano solo gli studenti giapponesi del Conservatorio.

La vista dalla terrazza dell'hotel de Crillon è quasi ridicolmente da ricchi.

Capita che la palazzina nel 1° arrondissement abbia le sue brave boiseries bianche e muri color tortora, e vista su un cortile ad abbaini dalle finestre orlate di gerani.

Senza dubbio alcuno, i parigini guardano ancora con una certa commiserazione chi non è del luogo, nonostante non distinguano esattamente l'accento, ma sapendo con certezza che non siete andati a scuola lì.

Gli abitanti del lungosenna hanno ancora case e cucine e camere da letto da cui non muoversi mai, per vedere la torre di ferro vicina come da allungare una mano cambiare colore nei giorni e nelle stagioni. Capita ancora che essa sia rosa.

Capita che all'agenzia creativa - come in ogni immaginazione d'ordinanza - stanno ovviamente finendo un trasloco, e hanno un patio, scale e soppalchi e pezzi e cartoni da Ikea di lusso, e la riunione si tiene in cucina proprio come voi pensavate che accada a Parigi nelle agenzie creative.

Sono quasi tutte donne, e il boss-donna è bionda e naturalmente parla tutte le lingue.

Gli straordinari muffin al cioccolato li ha fatti Odile il grafico-donna con i resti dell'uovo di Pasqua di Ladurée, in una pausa.

Cergy e Pontoise sono ancora uscite della tangenziale che va e viene da Roissy, il taxista chiacchiera sempre in parigino stretto anche se si chiama Pascal o Rashid.

Sephora ha messo su, all'angolo del boulevard Hussmann con la Chaussée d'Antin, un impero della manicure, e Zara e Mango hanno aperto colonie anche lì.

I ristoranti sono giappo, o cambogiani, o libanesi, i falafel squisiti e pieni di aglio, e alle dieci di sera c'è ancora una luce del Nord trasparente d'acqua.

Il métro è ancora lì, fermata Pyramides. Niente RER, perchè piove, si lavora, si è di corsa.

Capita ancora di comprare giornali italiani a un'edicola e di prendere un taxi al volo sull'avenue de la Grande Armée che è circa il cuore del mondo, e Roissy, Roissy è solo un aeroporto, già casa.

domenica 25 maggio 2008

Buonanotte all'Italia


E siccome ci penso spesso in questi giorni, vi metto anche questa.
Il titolo di questo post è un link, anche se non si vede.

giovedì 22 maggio 2008

Mesi

Pierpaolo Pasolini è morto in novembre, ma in maggio hanno ucciso Giovanni Falcone.

In maggio ci hanno fatto trovare una Renault rossa avvelenata in via Caetani, in luglio hanno riempito di tritolo una via di Palermo per Paolo Borsellino.

Ogni mese è buono per uccidere e morire. Ognuna di queste (ed altre) morti ci ha lasciati più soli e pensosi, e ci ha costretti e sfidati a tirar fuori i talenti.

Poco tempo dopo la sua morte, sono usciti gli Scritti Corsari.
Porto queste parole come un cilicio contro ogni rinuncia a credere, talismano per i mesi a venire.

Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato golpe (e che in realtà è una serie di golpes istituitasi a sistema di protezione del potere).
Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969.
Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974.
Io so i nomi del "vertice" che ha manovrato, dunque, sia i vecchi fascisti ideatori di golpes, sia i neofascisti autori materiali delle prime stragi, sia, infine, gli "ignoti" autori materiali delle stragi più recenti.
Io so i nomi che hanno gestito le due differenti, anzi opposte, fasi della tensione: una prima fase anticomunista (Milano 1969), e una seconda fase antifascista (Brescia e Bologna 1974).
Io so i nomi del gruppo di potenti che, con l’aiuto della Cia (e in second’ordine dei colonnelli greci e della mafia), hanno prima creato (del resto miseramente fallendo) una crociata anticomunista, a tamponare il 1968, e, in seguito, sempre con l’aiuto e per ispirazione della Cia, si sono ricostituiti una verginità antifascista, a tamponare il disastro del referendum.
Io so i nomi di coloro che, tra una messa e l’altra, hanno dato le disposizioni e assicurato la protezione politica a vecchi generali (per tenere in piedi, di riserva, l’organizzazione di un potenziale colpo di Stato), a giovani neofascisti, anzi neonazisti (per creare in concreto la tensione anticomunista) e infine ai criminali comuni, fino a questo momento, e forse per sempre, senza nome (per creare la successiva tensione antifascista).

Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro ai tragici ragazzi che hanno scelto le suicide atrocità fasciste e ai malfattori comuni, siciliani o no, che si sono messi a disposizione, come killers e sicari. 12 dicembre 1969: alle 16,30 un ordigno esplode all’interno della Banca Nazionale dell’Agricoltura in piazza Fontana a Milano provocando 16 morti e 84 feriti Io so tutti questi nomi e so tutti questi fatti (attentati alle istituzioni e stragi) di cui si sono resi colpevoli.

Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi.
Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che rimette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l’arbitrarietà, la follia e il mistero. Tutto ciò fa parte del mio mestiere e dell’istinto del mio mestiere. Credo che sia difficile che il "progetto di romanzo" sia sbagliato, che non abbia cioè attinenza con la realtà, e che i suoi riferimenti a fatti e persone reali siano inesatti. Credo inoltre che molti altri intellettuali e romanzieri sappiano ciò che so io in quanto intellettuale e romanziere. Perché la ricostruzione della verità a proposito di ciò che è successo in Italia dopo il 1968 non è poi così difficile...

domenica 18 maggio 2008

Porta anche i bambini

I bambini nella mia vita sono tre, tutti maschi.
Pare non circolino femmine, da queste parti.

R. è stato il primo ad arrivare, inatteso, quando io non avevo nemmeno quasi mai visto un neonato. La prima cosa che so di lui è il giorno di dicembre in cui sua madre ha detto a me e al Roso che era incinta, era sera in una piazza fredda e luminosa di luci natalizie.
Lui poi è arrivato un giorno di luglio che l'asfalto si scioglieva per strada, me lo ricordo il caldo di quell'estate perchè mi ricordo che sua madre mi invitava a bere dei caffè in piazza (sempre la stessa) intorno all'una del pomeriggio, e diceva non-fa-mica-caldo.
Per ragioni che non vi sto a spiegare, io non l'ho visto subito. Sarà stato poi in agosto, era marroncino per via della lampada UV sotto la quale l'avevano tenuto, un incrocio tra un pesce e una rana e con gli occhi grandi nella culla di legno, ed era la cosa più bella e strana che avessi mai visto.

M. è arrivato molto dopo, e dei tre è quello che è arrivato semplice, facile, una mattina di marzo molto presto la sua bellissima madre l'ha scodellato con accanto suo padre, che poi è mio fratello.
Avevo paura che fosse un neonato bruttino, invece tutti dicevano di no, che era bello, io lì che sentivo la voce del sangue, forse mi ero bevuta il cervello.

A. è arrivato per ultimo, ma quando è arrivato da noi era già nato da un po', solo che per sbaglio era arrivato da un'altra parte.
Sua madre e suo padre sono andati a riprenderselo in un posto un sacco freddo, prima ancora di essere i suoi genitori, prima di vederlo e annusarlo, sono andati a prenderselo nel buio dei loro cuori e delle loro teste, scavando e avanzando come minatori del Galles.
Guardandolo, stamattina, pensavo che i suoi magnifici occhi slavi e il suo fantastico sguardo sulle cose sono stati, per tutti noi che lo circondiamo, un enorme regalo della vita.

giovedì 15 maggio 2008

Giovanotti di buone scritture

Lella Costa, su uno dei recenti numeri di A - tutta cultura, lo so, ogni volta mi domando chi ha deciso che la lunghezza massima di un articolo è 12 righe, pensano che le testoline delle lettrici si stanchino? che non ce la facciano a seguire? che mezza pagina bianca sia una figata? e mi domando anche: ma Lella Costa (e Marco Travaglio, e Sandro Veronesi) che scrivono lì sopra, non li mandano mai a c*****e? Non gli dicono mai: eeeeh scuuusa, ho scritto 15 righe 'sta settimana, avevo un pensiero lungo? - dicevo che Lella Costa ha recensito due libri, quello di Valeria Parrella, "Lo spazio bianco", Einaudi e quello di Flavio Soriga "Sardinia Blues", Bompiani.

Ho lasciato da parte per un attimo il mio Grande Progetto Culturale "Colma il tuo Buco Nero", cioè a dire la lettura di tutti i classici e i "veri" libri che per pura crassa ignoranza e ignavia ancora non ho letto, e li ho comprati.

Ora, per ragioni del tutto personali della Sardegna magari parliamo un'altra volta con calma eh.

Il libro della Parrella invece non è epocale, si legge in un'ora (ma che diavolo, scrivete una storia di grande respiro, non sempre raccontini striminziti e temini, esercitatevi nei dialoghi, nelle voci, nell'intreccio, santa pace, ricopiate a mano Il Gattopardo 12 volte) non è che uno si strappa i capelli, è onesto, come è onesta la sua scrittura, asciutta e seria. Punto.

In questa stagione di solito mi viene voglia di leggere questi giovanotti e giovanotte italiani che (forse) si faranno, così ho preso anche l'altro libro della Parrella, "Per grazia ricevuta", minimum fax, e il libro nuovo di Matteo B. Bianchi "Generations of love", BCD, perchè ha scritto in passato un adorabile piccolo (eh...) libro, "Fermati tanto così", sempre BCD.

Invece l'anno scorso per caso in un aeroporto avevo preso "Mille anni che sto qui" di Mariolina Venezia, che ha vinto il Campiello e mi era piaciuto, è robusto e allegro come un Aglianico, e complesso per trama e scrittura comme il faut.
Se mi viene da dire che è carino, però, qualcosa non funziona.

Da ultimo, Luciana Littizzetto recensisce "Sorella" di Marco Lodoli.

Va bene, lo prendo, ma poi giuro basta, torno a Lord Jim.

lunedì 12 maggio 2008

Stop fidgeting



Questa, invece, è E.

Sta uscendo il suo primo libro, e quindi potete immaginare l'emozione. E' andata a Torino a fare l'autrice vera, a firmare le copie alla Fiera del Libro, e idem potete immaginare.

Il libro parla di A., che poi è suo figlio, potrei anche raccontarvi la storia ma fatevi anche un po' i fatti vostri, non è che su Internet si può scrivere tutto, e compratevi e leggetevi il libro.

Ve lo ricordate Richard Gere, quando va a prendere Julia al bar dell'hotel e lei ha quel vestito nero fantastico? Lui le dice "Sei molto bella quando non ti agiti" Versione originale: "Stop fidgeting".

Ecco, lei è così in questi giorni. Superbella e agitata, coi piedi sul cocuzzolo di un sogno, capra con violino a bordo campo.

domenica 11 maggio 2008

Chagall, il chèvre e i trucchi di radianza


Lo so, dovrei partire da Chagall.
La cultura chassidica, la reverie e quant'altro.
Quanto si divertivano nello shtetl di Vitebsk prima che cominciassero a sterminare gli ebrei un'altra volta.

Ma invece mi viene in mente il chèvre, nel senso del fromage. Col miele.

Il che praticamente è lo stesso della capra che suona il violino, è tutto quanto serve per sentire la felicità che frulla - qualcosa che non c'entra, che in principio non doveva essere lì.

Se ne potrebbe fare un elenco, delle cose che non c'entrano fra loro e generano piccoli miracoli per tutti i giorni.
Trucchi di radianza, li chiamava Sylvia Plath che un giorno, ovviamente prima di infilare la testa nel forno con successo, scriveva:

Miracles occur.
If you care to call those spasmodic
Tricks of radiance
Miracles.
The wait's begun again,

The long wait for the angel,

For that rare, random descent.

Ecco, anche la lunga attesa dell'angelo non è male. E' sorprendente che a parlarci dei trucchi sia stata la Plath, così come che sia stata Virginia Woolf, un po' prima di buttarsi a fiume - con successo, inutile dirlo - a lasciarci un'altra piccola grazia con violino, l'idea rivoluzionaria e felice di una stanza tutta per sè.

Linko le foto perchè così le guardate in faccia, queste due creature.
Ho messo due foto di loro da giovani e belle.
Di Virginia si diceva che, come spesso per le donne molto intelligenti, poteva essere molto bella o molto brutta, secondo i giorni. Qui in alto, secondo me, è bellissima e moderna.