giovedì 22 dicembre 2011

Un miglio

...tre party di Natale dopo.

Nelle ultime deliranti settimane quattro voli, due alberi addobbati, due tombole, due distribuzioni di regali. Una gara di ballo. I costumi anni 70 e i baffi finti, e cento parrucche viola. Un fondale, tre mockup, un costume da gatto nero, uno da Babbo Natale, due da renne, e i Joe di Brutto. Gli alchechengi e le scorzette candite al cioccolato, e il torrone viola.
Una coda da Gucci, una da Vuitton, una (lunga) da Tiffany.
Milano addobbata, il traffico impazzito, e cosa mi metto.

Domani mattina c'è il Xmas Mile: centocinque scapestrati che corrono lungo il Naviglio nella nebbia di A.
150 tramezzini, 200 bottiglie d'acqua, l'ambulanza che non  si sa mai.

Poi: dichiarerò senza remore di non avere idea di dove sia geograficamente collocata A., e comunque di non conoscere nessuno lì da quelle parti.

Ho ordinato il cappone dal macellaio gioielliere che mi ha guardata con quei suoi occhi sexy già alle nove del mattino, promettendo che ha già capito esattamente cosa voglio, e che ci pensa lui.
Quindi, avrò molto da fare.
Trovare e addobbare il nostro, di albero, con l'amato UCP, e cucinare insieme al medesimo.
Fare la pasta brisée a mano, sgusciare le vongole, mettere in forno il salmone, fare l'insalata di patate con l'aneto e la crème fraiche.
Leggere libri gialli, o d'amore.
Andare al mare.
Incartare pacchetti meravigliosi per il bambino Mati.
Fare le impronte delle renne sotto l'albero di Natale a casa della nonna.

Altre faccende personali, che davvero nemmeno a Natale sono affari vostri, amici fedeli della capra.

E' stato un anno di gioie e dolori grandi, che ancora stanno facendosi spazio nel mio cuore e nella mia testa. Buon Natale a tutti, miei cari.

Credits
Che ve lo dico a fare: non sapevo cosa mettermi.

Sottoveste dorata, Sisley vintage; pantaloni a zampa di velluto di seta cremisi, Pinko vintage; sandali in suede con profili dorati Idée de Pointe; piccolo collo di volpe, collezione personale vintage
Smokey: matita nera Bad Gal di Benefit; mascara black Shocking, YSL; top coat mascara, Kiko
Rouge Chanel in Lune Rousse

martedì 6 dicembre 2011

Liste

Che ve lo dico a fare, è quasi Natale.
Le cose che io amo da sempre, e quindi il Natale si traduce in una interminabile stagione di liste.
La ghirlanda alla porta, le palle nuove per l'albero di Natale, l'IKEA e i libri e i maglioni di cachemire nella carta rossa e oro, le luci e i canali di un posto su al Nord.
I party di Natale, il sorriso di Chicco che è buono quanto il cibo che cucina, il Cosmopolitan.
Che siate a Milano, a New York, a Londra o appunto ad Amsterdam - se non vi piace il Cosmopolitan, o non è abbastanza inverno oppure non siete abbastanza ragazze.
Liste di regali - provate a trovare la cosa giusta per l'amatissimo e très cool UCP, o a convincere vostro fratello che per una zia come si deve comprare a Mati tutta la letterina a Babbo Natale è sacrosanto, non potendo di sicuro deludere il bambino onde evitare che - privato per esempio del Lintendo richiesto - abbia un trauma infantile.
Poi ci sono le amiche e la cognata fashion, le ragazze piccole, e naturalmente la mamma. E tutti gli altri.
E non ho niente da mettermi alla festa anni '70.
E il menu della vigilia, la lista degli ingredienti, l'ordine del cappone al macellaio gioielliere o le capesante al pescivendolo, gioielliere pure lui.
E la playing list, che comprende Michael Bublé - la cui esistenza sembra giustificarsi unicamente in questo periodo - e come farvi mancare Olivia Olson che canta All I want for Christmas.

L'UCP ed io siamo stati dove è sepolto mio padre, perchè io possa tenere insieme le molte cose accadute e quelle che verranno.

Ci si becca dopo il weekend lungo, e fatevi le liste, da bravi.

Credits
Chicco Cerea, tre stelle Michelin da Vittorio a Brusaporto, cucina con la sua brigata da noi, ogni anno durante il party di Natale, e noi li amiamo per questo.
Mati è stato convinto da suo padre che il Lintendo "è da 9 anni", e che pertanto Babbo Natale glie lo porterà più avanti. Vendico il piccino inconsapevole comprandogli la WII Resort.
Il Cosmopolitan si fa con la vodka, il triple sec, il cordial lime e il cranberry juice.
La ricetta del cappone la trovate qui, delle capesante vi faccio sapere.
Olivia Olson ha cantato All I want for Christmas in un film cult natalizio, Love Actually. Doveste immaginare di trascorrere un paio di giorni beati sul divano durante il weekend lungo, aggiungeteci Serendipity e The holiday in streaming, e non ve ne pentirete.
Sulla tomba di mio padre ci sono magnifici, perfetti geometrici crisantemi cremisi, ovviamente scelti da mia madre.

Infine - lo strepitoso concerto di Natale tenuto da Sting nel 2009 nella cattedrale di Durham lo trovate nel cd If on a winter's night..., 8.99 € da amazon.
A Durham, come si può vedere benissimo qui sotto, la capra suonava il violino alla grande.

sabato 5 novembre 2011

Un sogno d'oro e di fumo

Sentite che meraviglia Albert Camus:
"Mi piace camminare per la città, di sera, riscaldato dal ginepro. Cammino per notti intere, sogno o parlo a me stesso interminabilmente...D'altrone questo paese mi ispira: amo questo popolo brulicante sui marciapiedi, incuneato in un piccolo spazio di case e d'acqua, circondato dalle brume, da terre fredde e dal mare fumante come la liscivia. L'amo perchè è doppio. E' qui ed è altrove. Ma sì!...Camminano vicino a noi, è vero, eppure guardate dov'è la loro testa: nella bruma di neon, di ginepro e di menta che cala dalle insegne rosse e verdi. L'Olanda è un sogno, signore, un sogno d'oro e di fumo, più fumoso di giorno, più dorato di notte, e di notte e di giorno questo sogno è popolato da Lohengrin come questi, che sfilano sognanti sulle loro biciclette nere dagli alti manubri, cigni funebri che girano senza sosta in tutto il paese, intorno ai mari, lungo i canali. Sognano, con la testa nelle loro nubi ramate, girano in tondo, pregano, sonnambuli, nell'incenso dorato della bruma, non ci sono già più. Sono ormai a migliaia di chilometri, partiti verso Giava, l'isola lontana. Pregano quelle divinità sghignazzanti dell'Indonesia di cui si sono adornati le vetrine e che errano in questo momento sopra di noi, prima di appollaiarsi, come scimmie sontuose, sulle insegne e le pensiline delle scale, per ricordare a questi coloni nostalgici che l'Olanda non è soltanto l'Europa dei mercanti ma il mare, il mare che porta a Cipango e a quelle isole dove gli uomino muoiono pazzi e felici".

Infatti, siccome sta arrivando Natale, noi ci andiamo.

Credits
Amavo tanto questo testo di Camus già quando, da ragazzina, leggevo in francese La chute, 1956.
E' molto probabile che l'edizione italiana che girava per casa allora fosse quella di Garzanti del 1975, ma voi adesso potete godervela con l'edizione Bompiani del 1980 (non ha di sicuro lo stesso fascino, in compenso la trovate da amazon e da ibs).

venerdì 21 ottobre 2011

Nel nome del padre

“La vita dell’uomo non si chiude nella figura del cerchio: in lui principio e fine non si toccano. L’uomo è un cerchio mancato, incompiuto, un arco: l’arco della vita, appunto. Questo ci dice la lingua ancor prima dell’esperienza, la parola ancor prima dell’idea: infatti per una meravigliosa e tremenda ambiguità linguistica la parola greca bios accentata sulla prima vocale (bìos) significa “vita”, sulla seconda vocale (biòs) significa “arco” (v. Eraclito, fr. 48 Diels-Kranz).
Sono le belle parole con cui Ivano Dionigi conclude il suo scritto Cotidie Morimur, nel libro collettivo Morte, fine passaggio (BUR 2007).
 (...) nella vita umana inizio e fine non si toccano, ma se essa è un arco, sono unite dalla corda, che le mette in tensione tra loro, unendole con qualcosa che certo non è la vita stessa. Che cosa sia questa corda è materia su cui riflettere. Ma anche e soprattutto vale la pena di chiedersi, dato che con questa corda si scaglia la freccia, cosa sia la freccia. E dove vogliamo scagliarla.

Se ne è andato nell'ora più fonda della notte, ma noi abbiamo lasciato con lui il disegno di Mati con il sole e il coccodrillo.

Credits

giovedì 13 ottobre 2011

To me, (still) perfect

Ovunque proteggi la grazia del mio cuore, adesso e per quando tornerà l'incanto.

Stancami, e parlami, abbracciami, e poi racconta, e spiegami, tutto questo tempo nuovo che arriva con te.



Uso privato di blog (privato pure quello, a ben guardare). Questo post è per l'UCP.


Credits 
La chiesa di San Cristoforo sul Naviglio a Milano si trova sull'Alzaia del Naviglio Grande. (Wikipedia)

giovedì 6 ottobre 2011

The rest of the day


Noi l'avevamo detto: Steve Jobs, perfavore non morire.
Invece a fine agosto ci avevano fatto sapere che era meglio se ce ne facevamo una ragione, che ce la dovevamo cavare da soli con Tim Cook, e da allora in un certo senso era sceso un silenzio di attesa.
Crediamo che da ultimo Steve Jobs avesse capito anche le features della morte, e speriamo che abbia saputo e potuto rendere anche quella un posto smart in cui andare una mattina di ottobre.
Era l'uomo che sussurrava al futuro, l'amico straordinario e il genio visionario e creativo che piange oggi Apple, The magician, come titola domani l'Economist.
Ha disegnato il mondo, rendendolo possibile oltre l'immaginazione di chiunque altro, e il fatto è che avremmo voluto vedere il resto.
Ha detto: "L'unico problema di Microsoft è che non hanno gusto", e anche "Penso solo che Bill Gates e la Microsoft pensino un po' in piccolo".
E poi, a Stanford, in un discorso che è più di un testamento per una generazione altrimenti perduta:  "Siete già nudi. Non c'è ragione per non seguire il vostro cuore".


Noi della capra abbiamo scelto questa foto, la più tenera e rara tra tutte, e prendiamo molto sul serio l'impegno a restare, sempre, affamati e folli.

venerdì 9 settembre 2011

Adesso

 per Adri, per il tempo che viene

Cara Capa Ginevra,
Adesso che te ne vai, che praticamente te ne sei già andata anche se io non voglio per niente saperlo e quindi allegramente lo ignoro, adesso che te ne vai ti scrivo il post che ho meditato tutta l'estate e credo anche molto ma molto prima, cioè prima che tu decidessi di andare via e io cominciassi ad innaffiare di lacrime tutta l'agenzia come una vite tagliata.
Te lo scrivo qui, che questa storia solo nostra è iniziata davanti a qualche cosa di sicuramente orrendo cucinato dal vecchio Peppino, il giorno in cui mi hai insegnato che potevo mentire, se era il caso, e che potevo essere brava anche solo la metà, e sarebbe bastato per l'universo mondo, e che l'unica a cui non bastava ero in effetti io.
(Si capisce a occhio nudo che una che ti autorizza a mentire sta da di sicuro dalla tua parte e ti salva, e una che ti dice così, che basta anche un po' meno, ti libera.)

Poi è venuto il nostro programma Rieducational Channel: ti ho già scritto, una notte di molto tempo fa, che sei stata capace di restituirmi a me stessa.

La storia è  poi continuata così: che il tuo esempio mi ha costretta ad essere per forza più brava, a tentare di levarmi i vezzi, le indulgenze, a non accontentarmi di me.
Non ci riesco sempre, ma non smetto di cercare.
Sei stata e sei incoraggiante e amorevole in un modo che per varie ragioni non avevo mai sperimentato nella mia vita, ed è stato come imparare una seconda volta a camminare.
Questa estate, da ultimo, mi hai insegnato che non è sempre una questione di potere, e che si può semplicemente cambiare idea  per andare verso ciò che si ama e si desidera veramente.
Ci sto provando anche io, e mi sembra fighissimo.

Ci siamo divertite, e tutto il tempo passato ad ascoltarti, a scambiare opinioni e progetti con te, e non rimpiango nemmeno un giorno, nemmeno una delle mie furie, le porte sbattute e le bizze e i pianti stesa sul tuo pavimento, e le notti e tutte le volte che ti ho detto con aria vagamente spiritata frasi del tipo "il MIO modello di business" e "cambiamo NOI il mercato" e un mucchio di altre cose che a occhio e croce ti dovevano suonare a giorni alterni naif o irritanti.

Ora, per questa storia, io ho gambe per correre, Capa.
E anche un trucco: che quando penso di non farcela mi chiedo cosa faresti tu, sapendo benissimo che in realtà non ne ho la minima idea, che tu prenderesti la questione da un lato che a me non viene nemmeno in mente, o non la considereresti degna di nota, o diresti una cosa tipo "sì, perchè sei qui quindi?" alzando il sopracciglio come quando ti faccio perdere del tempo inutilmente.

Ma serve, mi rassicura sulla tua esistenza, là fuori da qualche parte.

Soundtrack
Di questa sera, per te prima e ultima o chissà nel building di A., di sicuro ci resterà per sempre Joe di brutto.

sabato 20 agosto 2011

Meltemi

Che ve lo dico a fare,  quest'isola è perfetta.
Brulla, brullissima. Un sasso cicladico sbattuto giù nell’Egeo, una chora quasi-roccaforte con tre incantevoli piazzette alberate che si susseguono protette dal vento.
Piccole chiese ortodosse candide gettate ovunque sulle pietraie e tra gli sterpi, e il monastero che domina su tutto.
Un porto dove  si va a vedere un bellissimo nulla, che non ci sono quasi barche attraccate, e qualche giorno quando il meltemi soffia forte nemmeno i traghetti partono o arrivano. Se non partono, si resta.

Anche le reti stanno tra i venti, vanno e vengono come forsennate, fornendo irraggiungibilità insperata.
E anche la casa è tra i venti, in alto sulla montagna.
Si vede tutto. La chora in basso, il monastero di fronte, il mare e le isole intorno. L'alba dal letto, il tramonto dalla terrazza.
Il mio letto è una nave, ma sul serio: certe notti il meltemi solleva tutto, casa e terrazzo e sedie e tavoli e letto, e la capra se ne va bellamente in giro per l’aria che sembra l'apprendista stregone.

Quanto al resto, ovvero le cose che pensano, e quelle strane e anche magiche che accadono con questo vento, non son davvero cose che riguardino voi ragazzi.


Credits

Se volete affittare una casa da queste parti, scrivete a Flavio e non ve ne pentirete.
Se volete vedere la crisi greca ad Atene, dormite al Fresh, che ha una piscina fantastica sul tetto con vista Acropoli, o all'Ochre&Brown, delizioso e in posizione strategica anche per lo shopping.
Già che guardate la crisi greca e fate shopping a Ermou, non perdetevi le due sedi del Benaki, e ne rimarrete incantati.

sabato 30 luglio 2011

The final frame

Oh, what a mess we made, and now the final frame
Love is a losing game.

La scorsa settimana abbiamo perso Lucien Freud e Amy Winehouse, che ci mancheranno per la loro  visione della vita piuttosto rock.


Lucien Freud aveva 88 anni, era nipote di Sigmund Freud, era nato in Germania e poi esule in Inghilterra, aveva più donne e più figli di quanti potesse ricordare. Era stato ovviamente amico di Francis Bacon.

Due suoi ritratti cult sono dedicati l'uno alla regina Elisabetta, l'altro a Kate Moss nuda e incinta (2002).


Dipingeva la più importante pittura figurativa del nostro tempo nel suo studio di Holland Park, Londra.

Amy Winehouse era una ragazza che aveva 27 anni e aveva cambiato la musica pop. Dopo un'ultima solitaria spesa di vodka e droghe miste, è morta nella sua casa di Camden Place, Londra.
A noi della capra piace pensarla così.


E sapere che lei cantava così.


Credits

Lucien Freud, Selfportrait - olio su tela del 1985, misura 56x51 centimetri circa, e appartiene a qualcuno, da qualche parte.

Il ritratto di Kate Moss dipinto da Freud nel 2002 è stato battuto da Christie's nel 2005 per 4 milioni di sterline. Il compratore, intervenuto all'asta telefonicamente, è tuttora sconosciuto.

La fotografia di Amy Winehouse appartiene a una serie di scatti realizzati per la campagna Fred Perry dell'autunno 2010/2011. 
Recita il comunicato stampa: "The iconic singer collaborated with the British brand Fred Perry, designing a seventeen piece women wear line for the Fall/Winter collection 2010-2011 available in stores since October, including twinsets, skinny pencil skirts, Capri pants, mini dresses and polo shirts. Considering the sketches she made, Amy Winehouse successfully evidences a bright and eclectic talent." 

Infine - la canzone Love is a losing game fa parte del lavoro Back to black, pubblicato nel 2006 da Island Records, che ha venduto oltre 10 milioni di copie nel mondo. 

La fine di luglio coglie veramente di sorpresa: prima che ci si possa porre rimedio, Rumiz sta partendo per un ameno viaggio dei suoi tra città morte e ferrovie abbandonate, e noi della capra abbiamo una casa che ci aspetta, da qualche parte, là fuori.

giovedì 14 luglio 2011

Oh, logo

E' successo così: che Metafora, oramai non più nuovo ad - lunedì scorso di prima mattina, mentre cercavo di raggiungere l'unica Nespresso dell'agenzia per farmi un caffé decente e rendermi così presentabile per la giornata che iniziava e le settimane complicate che guardavo arrivare senza assolutamente poterci fare niente - Metafora dunque me lo sono trovato davanti, in quello stile che si usa da noi e che per quanto uno sia bennato e ancor meglio educato si appiccica senza rimedio a chiunque metta piede lì dentro, che consiste all'incirca nel parlare di qualunque cosa a chiunque quando ci incocci nel corridoio, iniziando con "Ah, hai visto la mail?....ecc ecc" oppure "Ah, XY ti ha detto?...ecc ecc" o anche "Ah, volevo dirti....ecc ecc" e continuando a camminare nella stessa direzione, alzando progressivamente il tono della voce per finire la frase allontanandosi.

In generale, non voglio fare la snob o l'antica, e tutto funziona perfettamente, fino a quando non si entra in cose che andrebbero magari discusse, non dico in privato, ma magari non proprio dichiarate in open space, o  prese con un attimo di calma.
Tipo per esempio: "ah, è arrivato il brief ecc ecc" e uno te lo racconta (il brief) mettendosi a camminare con te verso il bagno, e ti aspetta fuori dalla porta del medesimo continuando a parlare, non è ottimale. Voglio dire, io lo faccio con la Capa Ginevra, ma non dovrei, davvero.

Memorabile era, naturalmente, il Rude. Passandomi davanti un giorno, senza nemmeno rallentare, mi sbraitò: "Ah, ti ha detto M. che sarai responsabile della comunicazione?". 
La cosa che mi seccava di più nei confronti degli astanti che mi fissavano dalle loro scrivanie, era che non sapevo nemmeno da che parte iniziare a far finta di saperlo. 
Mi uscì dunque, ma si perse in corridoio perchè chiaramente il Rude non era più lì, una specie di nnnno rantolato, e con un sorrisetto idiota battei in ritirata verso l'ufficio di M. a chieder lumi..

Dunque, mentre rischiavo di inciampare fisicamente in Metafora sulla porta della dannata stanza della Nespresso, lui ha detto qualcosa che iniziava con "Ah.." e che menzionava la Grande Dame. La Grande Dame è un Cliente. Quel genere di cliente, cioè, che quando lo menzioni tutti sanno che stai usando la maiuscola.  La Grande Dame, pertanto, ha sempre ragione, notte e giorno e su qualsiasi cosa. Donna bella e di tempra, tiene in ostaggio Metafora (o chiunque altro ritenga) per giorni interi. Ora. Facendo una sintesi, il mio sentimento era il seguente. Metafora: è lunedì, stiamo in un casino, la Grande Dame è un problema tuo, non cercare di scaricarmi qualsiasi cosa addosso perchè ti uccido.
Il brief non c'era, ma la Grande Dame aveva graziosamente espresso la necessità di un nuovo logo, non è che potevamo metterci le mani?, ha detto Metafora scusandosi, ma lui si scusa di continuo quindi non vuol dire.

Ho fatto il caffé, sono tornata alla scrivania col bicchierino e mi sono messa a pasticciare. Dovevo finire in fretta, per non pensarci. Due idee, una draft, non pensarci più, tornare al lavoro vero.

E' naturalmente vero che la vita è ciò che succede mentre hai altri programmi, perchè dopo un paio di modifiche, il logo verrà utilizzato dal Cliente. In tutto il mondo.

L'headquarter del Cliente ha mandato i complimenti, e la Grande Dame ha mandato una mail che mi ha commossa, avendo cura di copiare Metafora, M., e tutto il resto del mondo che conta lì dentro.

Ah, volevo dirvi: volevo - tiro fuori una certa mia aria di sufficienza su questo punto, ma la volevo eccome - la mia terza nomination europea consecutiva quest'anno, e non sapevo dove e come trovarla.
Adesso ce l'ho.

mercoledì 22 giugno 2011

Sangue

Non ho nessun pensiero che non sia tuo
Non ho nel sangue nessun desiderio che non sia per te

Sostiene la capra che se guidate di notte in abito da cocktail e tacchi alti, e con una dose generosa di chardonnay in corpo, e se la notte è cristallina e tiepida e l'asfalto liscio e dolce sotto le vostre ruote, e nello stereo Gino Paoli canta di voi, ecco - sostiene la capra che allora sentirete che tutto è lontano, tranne la stanchezza morbida che rallenta appena i riflessi e vi consente di sapere, con la millimetrica silente precisione di un mirino, in una bolla priva di qualunque rumore di fondo, solo ed esattamente quello che conta davvero.

Sostiene la capra che in quel preciso momento tutte le cose irrilevanti, passate presenti e future, appariranno esattamente per quello che sono, cioè irrilevanti.

Sostiene la capra che invece, terrete tra le dita il cuore di quelli che amate davvero, e che sarà come se loro nello stesso momento tenessero tra le dita il vostro, di cuore.

Sostiene la capra che poi, in quel momento, sentirete il calore del sangue e saprete infine senza se e senza ma che vi manca qualcosa, o qualcuno.

domenica 29 maggio 2011

Due ragazze

Le ho viste oggi, in bicicletta. Una guidava e rideva, l'altra rideva seduta sul sellino dietro.
Se ne andavano verso qualcosa di solo loro, con quell'aria di segreti di ragazze e che andrà tutto bene.
Noi due, eravamo così.


Non ci pensavo da secoli, ad allora.
A tutti gli anni in cui lei c'era, c'eravamo noi due con le nostre estati annoiate, i gelati leccati su qualche scalino del centro, il nostro non sapere niente del mondo tranne quello che credevamo di sapere allora, e i nostri segreti.
C'era, c'era sempre stata: dalla prima media, c'era.
Dalla prima media a circa il Francese, c'era sempre stata, a memoria.

Ci fu una frattura, poi, di quelle che non si saldano. Non improvvisa, ma netta e senza ritorno.
Mi pesava, che io ricordi, quella tarda adolescenza che non accennava a finire, quel non saper, alla fin fine, che fare davvero di noi stesse.
Mi era chiaro che il mio era un viaggio che non portava ricordi né rimpianti, e tantomeno passeggeri: andai via senza voltarmi e senza memoria.

Non posso dire di non sapere che fine ha fatto, abita così vicino.
Qualche volta guardandola, mi domando cosa ha capito da allora, e se ha poi saputo cosa fare di se stessa.

mercoledì 25 maggio 2011

Current affairs

Dovete saperlo: l'idraulico, l'ingegnere, il muratore, l'aiutomuratore, il vetraio e l'elettricista figo si sono impadroniti di casa.
Da quando poco prima dello scorso weekend l'ingegnere ha decretato che mettiamo a norma, stiamo mettendo a norma.

Non resta che ritirarsi a bloggare, perchè questa faccenda di Current e di Sky da qualche giorno ha attirato anche la mia attenzione. Complice un post scritto da Stefano Epifani vi dico anche io come la penso.

La sintesi dei fatti è che Sky non rinnoverà il contratto che consente a Current di trasmettere in Italia sulla propria piattaforma. Dei numeri, come dice Epifani, non si è capito una cippa: quanto voleva Current, quanto voleva dargli Sky, mah? Di fatto un accordo tra soggetti privati non si è chiuso, amen.

Current è una bella tv? Sì, per quanto mi riguarda, però io guardo i Tudor in streaming in inglese, la sera, Current quasi mai. Guardo a volte la rubrica di Travaglio.
Svolge un benemerito lavoro, sguinzagliando un pugno di reporter che denunciano tutte le ingiustizie, gli inquinamenti e le corruttele ai quattro angoli del pianeta? Sì.
Current è strategica per i piani di sviluppo di Sky? Mah.
Rappresenta un plus per Sky Italia in termini di brand equity? Sì.
E' una brand equity indispensabile a Sky? Evidentemente no.
Fa ascolti? Pochissimi. Prendete tutti quelli che hanno Sky (circa 2 milioni di abbonati), meno quelli che guardano solo il calcio, meno quelli che guardano solo CSI e Greys Anatomy, meno quelli che pensano che è un bel canale ma guardano altro, la sera. Credetemi, li potreste invitare in pizzeria, quelli che restano.
E' appetibile dal punto di vista degli investitori, e quindi della piattaforma, in termini economici? No. Non attira investitori per un duplice motivo, in Italia: economico, e politico. Non la guardano abbastanza persone perchè un investitore decida di metterci gli spot, ed è una rete che più volte si è apertamente schierata trasmettendo programmi esplicitamente critici e dissacranti nei riguardi di Silvio Berlusconi. Gli investitori, che non sono notoriamente adepti di Giovanna d'Arco, tengono d'abitudine un profilo medio, anche mediocre se vogliamo o più elegantemente mainstream nei confronti delle audience, tenendosi lontani potendo dall'avere guai con Publitalia.
Potere (conseguenza) del conflitto di interessi più imbarazzante del mondo occidentale? Sì.

Dunque, Current è una specie di charity, per Sky. O meglio, è il servizio pubblico prestato in good will da un imprenditore privato.
L'imprenditore privato non ha più voglia di  fare servizio pubblico? Può darsi.
Sky sta attraversando in Italia le difficoltà create all'editore (e alla sua concessionaria) dal conflitto di interessi medesimo, che consente al governo di approvare leggi come il decreto Romani fatte ad hoc per Mediaset e palesemente a danno di Sky, la rivoluzione portata nel sistema televisivo dal digitale terrestre (altri canali sono scesi da Sky e trasmettono ora in DTT), la concorrenza della piattaforma Mediaset premium e la crisi economica che non favorisce di sicuro lo sviluppo di Sky, che costa più di 40 euro al mese.
Quindi, forse l'epoca del no profit è finita anche a Skylandia.
Ma che Murdoch e Mockridge vogliano fare un favore a Silvio Berlusconi togliendo di mezzo Current davvero sorprenderebbe. Che Silvio Berlusconi sia fortemente interessato alle sorti di Current, anche: i guai gli vengono semmai, com'è noto, da Santoro e Travaglio, da Fazio, da Floris, e dai loro ascolti sontuosi.

Ora io pago Sky, e vorrei che si tenesse Current. In good will.
Devo dare il mio 5 per mille a Current per la sua sopravvivenza? Preferisco Gino Strada.
Pago a parte Current, come la musica classica che non guardo mai tranne a Natale? Forse sì.

Ma deploro fortemente i metodi di repressione via rete di una libera trattativa economica tra privati, mettendo da una parte alla berlina l'editore Mockridge che ha proposto quanto ha ritenuto di proporre, sapendo evidentemente che l'accordo avrebbe potuto saltare. Facendo passare sulla rete e in tv un attonito Al Gore, stranito dalla improbabile traduzione degli alterchi  tra personaggi inquietanti ad Annozero, sempre che Al Gore non sia piuttosto stranito d'abitudine, come noi da sempre fortemente sospettiamo, a dire che in Sky sono, come dice Epifani, brutti e cattivi.
E tutti a twittare e laikare il salviamocurrent. A prescindere, come si usa ora.

salviamocurrent? Ma certo. A patto di non scivolare in un qualunquismo che non costa niente a nessuno. Clicco mi piace salviamocurrent, e poi mi piace che il mio amico ha scritto su Facebook scemochilegge, e mi piace il coupon di groupon. Stiamo ancora tutti imparando e sperimentando come funziona la politica del consenso in rete, ma così diventa patetico giochino buono per anime ingenue o superficiali (e anche un po' lamer, diciamolo).

In Sky non sono affatto brutti e cattivi, chi lo dice in buona fede dimentica o finge di ignorare che il loro telegiornale ci ha coperti negli ultimi anni in notti gelide assai.

martedì 17 maggio 2011

Nurturing creativity

Di questi tempi, la capra ha due fissazioni.
La prima  è la misurazione di cose che non si possono misurare (tipo gli eventi, o il product placement) e vaga per l'Agenzia rompendo l'anima al prossimo e in genere disperandosi.
La seconda è lo sviluppo delle leadership creative, tema che ritiene riguardarla personalmente.
Per questo, tra le altre cose, guarda un sacco di video su TED.com. Se non lo conoscete, lo amerete.

Questo video lo amiamo in modo speciale, perchè parla del successo e del fallimento, e di magia.

lunedì 16 maggio 2011

Wake up, make up, dress up

Questo post è per femmine.

Trascorrerete un'adorabile ora sfogliando "La parigina", manualetto rosso di chic e allure pubblicato ora in Italia da Ines de la Fressange (l'editore è Ippocampo).

Per essere precisa, io ho deciso di investirci un po' del buono di Feltrinelli regalo natalizio dell'Agenzia, che di solito spendo allegramente in sciocchezzuole simili, tipo il libri di Jamie Oliver o di Nigella, a mo' di coccola o del genere quello-che-non-compreresti-mai-ma-vorresti-segretamente-ricevere, o in altrettanto frivoli regali: voi invece siate saggi, e compratevelo da quei signori meritevoli di amazon.it (con lo sconto del 30%), o fatevelo regalare buttando via il residuo pudore che vi imponeva di chiedere invece i Buddenbrook con testo tedesco a fronte.

Insomma, il libro è carino proprio, e dice esattamente quelle cose che le ragazze amano sentire (e leggere), del tipo che una borsa firmata è per sempre, che il tubino nero fa sembrare subito Audrey Hepburn in Breakfast at Tiffany's, che un paio di Porselli (ballerine, per voi maschi che lurkate indebitamente il post per femmine) non si nega a nessuno, che il fondotinta invecchia e che il vero chic è mixare H&M e Balenciaga.

E poi via di foto outfit, e via di preziosi siti internet e di indirizzi di adorabili piccole boutique situate tra il primo e il sesto (arrondissement), beate loro.

Il minimo è che mi è venuta voglia di farvi sapere cosa c'è nel mio, di beauty case, e di condividere con voi certi indirizzi must che una ragazza di Milano non può non conoscere, MA mi trattengo (ve l'avevo detto che questo post è per femmine, non è colpa mia se leggete!).

Lo capite da soli che è stato un bel momento, tra la depressione dell'urna (elettorale, le liste non si potevano vedere) e l'attesa dei risultati medesimi.

In Agenzia, tra l'altro - è un pezzo che non ve ne parlo - non si dorme più.

blackberry - mail - ore 4.32 am
from: Metafora, (semi)nuovo amministratore delegato
to: una serie di persone
cc: un'altra serie di persone
RE: mi scuso tanto per l'ora, ma circa le analisi del target volevo solo aggiungere che... 
(seguono 20 righe di elucubrazioni)

blackberry - mail - ore 6.28 am
from: l'amato M.
to: la vostra wonnie
cc: nessuno
Subject: scusa lo scarso preavviso wonnie ma volevo dirti che alle 10 stamattina vediamo un nuovo cliente se sei in agenzia potresti esserci anche tu, ciao e grazie M.
(così, tutto scritto nel titolo)

conversazione - ore 21 circa (giorno lavorativo)
Wonnie: stanotte Metafora ha scritto alle 4 e 32
Capa Ginevra (continuando a battere sulla tastiera e senza alzare la testa): eh, lo sai che soffre di insonnia
Wonnie: si, e M. stamattina alle 6.28 per il new business
Capa Ginevra (sempre più cupa, mi ricorda tanto il Crotalo): eh, lo sai che va a correre presto la mattina
Wonnie: quindi non si usa più dormire qui?
Capa Ginevra: diciamo che c'è circa un'ora di buono.

Possiamo farcela, noi della capra, forniti come siamo del nostro nuovo gloss YSL.

Edit: lanciate coriandoli, miei piccoli lettori, suonate il corno svizzero, mettete su Haendel: la capra ha appena compiuto tre anni, e noi (ancora) l'amiamo.

sabato 7 maggio 2011

venerdì 15 aprile 2011

Marmellata di arance

 a Laura

Capita raramente, per non dire quasi mai, almeno a me, che per lavoro si incontrino persone che, dopo un po', vorresti facessero parte della tua vita.
Che se solo non abitassero troppo, troppo lontano, vorresti andarci a bere l'aperitivo dopo il lavoro, o chessò a fare shopping, o al mare nel weekend.
Che vorresti chiacchierarci di amori e dolori cucinando un sabato pomeriggio, bevendo del rosso in attesa che sia ora di cena.

Ecco, Laura è così. Una che coi suoi irresisitibili sorrisi, a me ristabilisce la giornata.

Una la cui marmellata di arance, diciamolo, ti rimette al mondo.

Come omaggio a lei, che oggi è venuta a trovarci a Milano portando l'allegria, al suo delizioso blog di vita e ricette, al suo sguardo trasparente, e già che ci siamo in generale nella vita agli amori in circolo, c'è solo una cosa da fare: il bread and butter.

Mescolate mezzo litro tra panna fresca e latte con i semini tolti da un baccello di vaniglia, e scaldate fino all'inizio dell'ebollizione.
(Io ci metto anche il baccello, perchè mi fa poesia, ma qui dipende da quanto siete poetici voi, non c'è una regola precisa: seguite il sentimento.)

Montate con le fruste 4 tuorli e 150 grammi di zucchero (anche di canna, grezzo, che è elegantissimo), e versateci a filo il latte caldo, mescolando.
Fine della poesia, togliete il baccello della vaniglia.

Imburrate una terrina da forno con un burro buonissimo e fresco, e sistemateci del pane raffermo privato della crosta, tagliato a fette e imburrato a sua volta . Fate uno strato di pane, sopra sistemateci dell'uvetta (quella bionda, dai chicchi grandi e morbidi, ammollata in qualcosa di abbastanza sontuoso tipo Martell o Laphroig), e un altro strato di pane a fette imburrato.

Versate la crema sopra tutto, aspettate una mezz'ora, cospargete di zucchero e infornate a 180° per una ventina di minuti o finché é dorato a dovere.

Il bread and butter indimenticabile: quello servito a colazione al Ciragan Palace, Istambul.
Insieme alla piscina a sfioro, dalla quale vi sembrerà di essere immersi nel Bosforo, e ai cargo che portano destini perduti attraversando lo stretto e andandosi a perdere in posti che nemmeno hanno un nome.

Ha scritto Alvaro Mutis, "spesso la vita impone certi regolamenti di conti che non è consigliabile ignorare: una sorta di bilancio che essa presenta a ciascuno di noi perchè non ci si smarrisca nel mondo dei sogni e della fantasia, e sappia tornare alla calda sequenza quotidiana del tempo in cui realmente si compie il nostro destino".

Credits
L'ingrediente segreto della marmellata di arance di Laura è il whisky.
"L'ultimo scalo del Tramp Steamer" di Alvaro Mutis è pubblicato da Adelphi.

giovedì 14 aprile 2011

Meraviglie

La conferenza stampa di Interni nell'Aula Magna dell'Università Statale, Philippe Daverio racconta di vuoti e pieni e marmi e legni insieme a Mario Botta, a Richard Meier, a Carlo Colombo, a Michele De Lucchi, a Gwenael Nicolas.

Passeggiare nei cortili sotto il sole caldo, tra le installazioni bellissime.

Scappare all'ora di pranzo a Villa Necchi a vedere le grafiche.
Qui è stato girato Io sono l'amore, ed è il posto più viscontiano che abbia visto di recente.

Andare a trovare gli amici che installano in Area Tortona.

Che meraviglia, la design week.

Credits
Mutant Architecture&Design, cortili della Statale, via Festa del Perdono (andateci di sera, datemi retta)
La mano del grafico, Villa Necchi Campiglio, via Mozart (andateci di giorno, la sera è chiuso)
Io sono l'amore del regista Luca Guadagnini, con una meravigliosa Tilda Swinton, 2009 (su Sky cinema)

lunedì 4 aprile 2011

Sassi

Sono solo stasera senza di te,
mi hai lasciato da solo davanti al cielo
e non so leggere, vienimi a prendere
mi riconosci ho le tasche piene di sassi..

..mi riconosci ho le scarpe piene di passi,
la faccia piena di schiaffi,
il cuore pieno di battiti
e gli occhi pieni di te.




Credit Le tasche piene di sassi di Lorenzo Cherubini fa parte del CD Ora, 2011

giovedì 24 marzo 2011

Undici


Questa l'avete sentita ovunque ultimamente, e la capra non si sottrae: 10 cose per le quali vale la pena vivere, in ordine sparso. La capra che suona il violino, nel caso siate distratti e non ve ne foste accorti, le contiene tutte.

1) partire per un viaggio lungo in aereo
2) guardare i gabbiani che si inseguono tra i minareti da una terrazza di Sultanhamet la sera d'estate, lo scialle leggero dei viaggi e una tazza di the
3) la nomination ad un premio internazionale importante per il lavoro
4) avere un appuntamento amoroso fisso con la Starry night di van Gogh, e ogni volta lo stesso tuffo al cuore
5) guidare piano in autostrada in una notte tersa, ascoltando Mina
6) la neve quando è tantissima, tanta da costringerti a cambiare programmi
7) avere nel cuore e nella testa l'esempio civile di Giovanni Falcone
8) tenere addosso Mati appena nato, profumato e tiepido come una stufetta
9) la voce di Fabrizio De Andre' che canta la canzone dell'amore perduto
10) non arrendersi proprio quando vorresti arrenderti

11) ...questa me la tengo per me, e a voi amici della capra la racconto sì, ma non adesso.


Credit Grazie per le adorabili foto alle BusyB's.

sabato 12 marzo 2011

No reasons, no way out

Poi, ci sono cose che non sono trattabili.

"... per come la vedo io è esattamente come l'amore. C'è una persona. Che ti manda ai matti, spesso ti irrita, per lunghi periodi ti ossessiona. Ma è la persona da cui vuoi tornare, la sola. L'unica che ti manca quando atterri e l'aeroporto è soltanto una stanza piena di sconosciuti."
(Gabriele Romagnoli, in gennaio per Vanity Fair - qui)

martedì 1 marzo 2011

Felicità, estetica


Allora, la vostra amabile wonnie si è innamorata dell'ipad.
Ve l'ho già detto qualche tempo fa, lo so, e ve lo ridico con la tipica monotonia ottusa degli innamorati.

Ma tant'è: per la prima volta nella mia vita un pezzo di tecnologia è in grado di farmi felice.
Non solo essere utile, non solo lavorarci, non solo trovare le cose.
No.

E' una roba da toccare. Da portare in giro. Da portare a letto. Da trovare dove sei e dove vai e dov'eri sulle mappe, e tutto quello che ti va mentre bevi gimlet in qualsiasi parte del mondo.
Per leggere tutti i libri in inglese, o in francese. In italiano, pure.
Per sapere cosa significa una parola solo toccandola.
Per leggere i giornali, tutti.
Per giocare con Mati e anche senza, e per sapere che tempo fa a Berlino.
Per scaricare e sentire la musica, i film, per guardare i video di youtube.
Per imparare l'ikebana o qualsiasi altra cosa sia scaricabile con un'app.
Per attaccarsi beati al wifi di Starbucks tavoletta e chai latte.

E' tutto, tutto quello che sai e che non sai, sempre, ovunque.
E' cool, e sexy. (Conosco anche un tizio che corrisponde alla descrizione, ma vabbé, questa è un'altra storia).
Non devi trovare un posto per connetterti, quel posto sei tu.
It's pure magic.
La magia del tocco delle dita.

E mica solo per me.
Scendete nel grande cubo di plexiglas di Apple sulla Fifth Avenue, angolo parco, e vedrete un mucchio di gente felice. Non ci ho mai capito una mazzafionda, di questi che sorridevano beati e sciocchini lì dentro. Ma era prima, che ve lo dico a fare.

Quindi, per prima cosa: Steve Jobs, perfavore non morire.
Hai cambiato il mondo, le nostre vite, e aumentato la quota di felicità del mondo, e puoi sognare per noi altri sogni da toccare, quindi non morire proprio adesso.

Bene, l'apologia romantica ve l'ho fatta, amen.
Ho un dubbio, quindi dopo la semantica vi ammorbo con l'estetica.

Ovvero ieri mi è sorto un altro pensierone.

Io vado in libreria a svagarmi, lo adoro proprio. Mi calma, rilassa, mi mette di buon umore.
Amo il luogo, il panorama, la gente. Da sola, in compagnia. Negli aeroporti e sotto casa.

Ma poi i libri li compro online: quindi devo supporre che tra qualche tempo non avrò più librerie sontuose come ora.

Sto barattando inconsapevolmente un non luogo (non esattamente nel senso di Marc Augé, probabilmente) con un luogo (che amo)? O si tratta di due non luoghi invece? O la libreria è un non luogo dopotutto, come un centro commerciale ma appena meno cheap, e la tavoletta invece appartiene a un genere diverso?
E in ogni caso: tra poco io e quelli come me renderemo antieconomico produrre i libri cartacei, dunque è ragionevole pensare che non avremo più posti simili dove andare?
E poichè anche per lo shopping è così, tra poco non avremo più vetrine da guardare passeggiando sotto il sole?
Tra poco quindi potremo guardare solo il cubo di plexiglas - quello che al momento fornisce l'unica cosa che serve per fare tutte le altre, il supporto duro - sulla Fifth o in qualunque altro posto al mondo?
E dove ci troveremo, dove andremo a guardare la gente? In chiesa (e non scherzo)?
Quali saranno i prossimi luoghi?

(Non fate gli spiritosi: il fatto che per allora sarò sicuramente morta non rende il domandone meno vero).

martedì 8 febbraio 2011

Le rayon vert

Quando avevo diciassette anni o un po' prima, andavo al cinema allo spettacolo delle tre del pomeriggio.

In generale, vedevo film francesi del genere che parlavano a frasi smozzicate, una ogni quarto d'ora, spesso con i sottotitoli.
In genere, dopo ogni scena calava un nero di un dieci secondi, assai significativo delle intenzioni del regista.
Per dire, Rohmer, o certi attori tipo André Dussolier, o Aurore Clément, o Pascale Ogier: o li impari a quell'età, o puoi dire tranquillamente addio ad ogni tentativo di serio acculturamente cinematografico del genere - per puro e semplice tedio.

Insomma, ci andavo, e il cinema era vuoto, ad eccezione di due o tre posti occupati, dai quali è inutile dire che mi tenevo saggiamente lontana.
Uno era occupato sempre dalla stessa persona, diverse file avanti o diverse file dietro la mia: mi era chiaro come il sole che si trattava di un maniaco. Anzi: il maniaco, quello tipico da cinema, quello che ragionevolmente dovrebbe trovarsi in tutti i cinema, a tutti gli spettacoli.

Come mai il maniaco fosse a vedere Le rayon vert e non qualcosa di più appassionante e losco al cinema Eden lì vicino, non era questione che allora sfiorasse la mia testolina di liceale.

Molti anni dopo, lo riconobbi ad una cena elegante: insegnava storia del cinema e del teatro all'università.

Frequentammo per un periodo la stessa casa di amici comuni, lui ospite e amico dei genitori, io ospite e amica dei figli.
Viveva solo, in un hotel del centro, e cenava in un piccolo ristorante lì vicino dove andavo spesso con il Roso.
Ci sedevamo nel tavolo accanto al suo, e lui lasciava volentieri - ma con la giusta ritrosia, a non disturbare le nostre chiacchiere da fidanzati -la pila di giornali e riviste che gli faceva compagnia.
Così, cominciavamo.
Lui a regalarci la meraviglia di quando conosceva Pasolini, Visconti e Fellini; io a ricambiare facendolo ridere, raccontandogli di Nicole Kidman e Tom Cruise e i gossip di Hollywood.

Così, adesso - adesso che quel cinema non esiste nemmeno più - ogni volta che qualcuno mi chiede se io sono una da film francesi, o russi o iraniani, dico di no, che non lo sono, ma mi vengono in mente la ragazzina, la giovane donna, e il Professore. Quei tre se la ridono insieme, e un po' mi mancano.

martedì 25 gennaio 2011

Semantica

Oh, questo post sarà un po' complicato, perchè ho in mente un concettone filosofico ma non so se ve lo so spiegare. Però ho un esempio calzante che forse aiuta.

Dunque il domandone è il seguente: come si fa quando non ci sono più significati semantici condivisi?
(Almeno, credo si tratti di semantica, ma vi illustro due-dicasi-due esempioni per sicurezza.)

Esempio 1 - se io scrivo A e penso che quello è A e penso che tutti quelli che stanno intorno a me pensano A pure loro, è semantica condivisa? Diciamo che lo è.
Ma cosa succede se invece la mia amica Maria passa e dice con noncuranza: ah, bella 'sta B?

Esempio 2 - se io vedo una puttana che fa un pompino a uno, penso puttana e pompino, anche non nell'ordine. Ma cosa succede se passa Maria e dice: ah, guarda, gli sta allacciando le scarpe?

Ora io sono sicura che A è A perchè si impara alle elementari e prima che arrivasse Maria mai nessuno aveva detto diversamente, e sono sicura che puttana e pompino, perchè ad esempio in una intercettazione telefonica la tipa ha detto "io faccio la puttana" e "gli ho fatto un pompino", quindi sulla semantica dovremmo esserci.
Ma come uscirne se invece Maria dice nono, erano i lacci delle scarpe e lei intendeva un'altra cosa.
Che succede se poi le Marie sono circa metà della popolazione?

Cioè: se un significato non è condiviso si è tutti muti? Resta qualcosa di dicibile? E se sì, cosa?
Non è forse su questo, sul senso semantico condiviso, che si decide la convivenza civile?

Non so voi, ma noi della capra non ci dormiamo, di questi tempi.

Edit: Gabriele Romagnoli ha scritto questo, che in parte risponde alle domandone, e in ogni caso spiega come Maria ultimamente non si senta troppo bene, a ben guardare.

lunedì 24 gennaio 2011

Il loro mestiere

Non vi parlerò di quello che sta succedendo in giro, tanto lo sapete già - a meno che non siate Pietro l'Eremita, e diciamo che Pietro l'Eremita a occhio e croce non legge la capra.
In sintesi: metà esatta del Paese ritiene di essere costernata e imbarazzata, l'altra metà (sospetterei metà più uno, in caso ci si decida alle elezioni) grida al complotto mediatico e al Photoshop.

Ma no, io oggi vi racconto questa storia che l'Università di Genova ha dato la laurea honoris causa a Roberto Saviano.
Non in letteratura: in giurisprudenza. Atto squisitamente politico di grande eleganza.
Così Saviano che, diciamolo, ha sempre quest'aria un po' a prestito di uno che non dorme nello stesso posto, si è messo la toga e il tocco e ha tenuto la sua brava lectio magistralis.

Ha detto dell'essere intellettuali e testimoni di quanto accade: dei giornalisti che vengono uccisi nel mondo, ha citato Christian Poveda ucciso in Salvador e la poetessa Anna Achmatova di fronte alla repressione sovietica. Ha parlato della morte, e, prima, dell'isolamento, della delegittimazione.

Poi, in tre righe, proprio alla fine, ha detto prima di congedarsi:
"Infine, dedico questa laurea e questa giornata, che ovviamente non dimenticherò per tutta la vita, a tre magistrati: alla Boccassini, a Forno e a Sangermano, che stanno vivendo, credo, giornate complicate solo per aver fatto il loro mestiere di giustizia."

Il loro mestiere di giustizia. Ed è venuto giù il loggione.

Ora senza dubbio per tutto il resto, incluse le puttane, c'è mastercard. Ma questo.
Questo, con quella faccia un po' così, e l'aria incerta, e una sicura tendenza a mettersi nei guai, davvero non ha prezzo.

Credit/1 Nel caso invece siate Pietro l'Eremita, mandatemi una mail che vi aggiorno sull'Italia 2011.
Per dirvi il genere letterario, ha dichiarato Lele Mora (chi è, ve lo spiego poi , che è lunghetta): "A volte eravamo solo il Presidente, Emilio Fede ed io, cosa potevamo fare, uscire come tre babalù? meglio accompagnarci con delle belle donne."

Credit/2 Dobbiamo a Piero Forno, che da molti anni svolge insieme ad un team specializzato di polizia giudiziaria indagini che fanno tremare le vene ai polsi, se molto è stato e viene fatto continuamente per proteggere i nostri bambini, e tutti i bambini, dall'orrore più indicibile.

Credit/3 Amiamo da tempi non sospetti il lavoro di Ilda Boccassini, per essere stata amica di Giovanni Falcone in anni terribili. Per aver disertato la sua celebrazione funebre ufficiale a Milano per protesta contro il CSM che aveva abbandonato Falcone al proprio destino impedendogli di diventare Procuratore a Palermo. Per aver lasciato Milano e raggiunto a Caltanissetta il giudice Tinebra e per avere insieme a lui trovato e fatto condannare esecutori e mandanti di quel delitto.
Perchè la sua storia racconta un'altra storia possibile a tutte le donne che di mestiere ne fanno un altro nemmeno nuovo, e che ancora non sanno di essere cittadine e non suddite.

giovedì 13 gennaio 2011

Wish list

Seamos realistas y hagamos lo imposible.
Ernesto Che Guevara

Quella gran culo di Cenerentola.
Kit De Luca


Ci sono sere - notti, oramai - in cui i sogni non fanno male, fanno - guidando nella nebbia con Taylor Swift che canta fearless, fearless - un bellissimo effetto cinema.

Tutto è possibile: e per una volta ogni cento anni, le cose accadono proprio come le pensavi e le speravi, esattamente quando e come le hai desiderate.
Puoi metterci che nevica e fuori c'è il Lower East Side, o Parigi, o via Conservatorio, oppure anzi no, che è una sera tiepida di giugno.
Puoi metterci il telefono che squilla proprio mentre lo guardi e pensi che dovrebbe,
dovrebbe proprio squillare, o un aeroporto che - quando le porte si aprono ed esci dal gate e appena con un movimento degli occhi ti guardi intorno - c'è esattamente chi avrebbe dovuto esserci, nel punto in cui l'avevi desiderato tanto, e con la faccia giusta che dovrebbe avere qualcuno che è lì per te.
Puoi metterci dei fiori, peonie o lysianthus o mughetti in gennaio o rose di giardino - le tue preferite.
E l'aria che profuma di caldo, di salmastro, o di camino.
Una fes
ta in cortile, o gli invitati al Four Seasons e un abito di Vera Wang.
Puoi metterci i libri che ami in una pila vicino alla finestra, e quelli che vorresti che qualcuno ti regalasse perchè desidera che anche tu li legga, avvolti in carta dorata e nastro di velluto.
Puoi appendere al muro di fronte al tuo letto un piccolo olio su tela, diciamo 30x30, firmato da Pablo Picasso, periodo rosa.
Puoi aggiustare le cose che si erano rotte, riavere la gonna di lino giallo e il caftano di seta bianca coi cristalli perduti viaggiando, e telefonare a tutti quelli che hai lasciato da qualche parte, perchè stanno
giusto aspettando accanto al telefono che tu li chiami.
Puoi leggere l'incipit di Cent
'anni di solitudine, ma di nuovo per la prima volta, e sentire di nuovo ma per la prima volta il frullo che fa nel cuore Macondo quando molti anni dopo, di fronte al plotone di esecuzione, il colonnello Aureliano Buendia si sarebbe ricordato di quel remoto pomeriggio in cui suo padre lo aveva condotto a conoscere il ghiaccio.
Puoi metterci alla fine, che è poi solo l'inizio, il momento in cui hai sentito per la prima volta la capra suonare il violino, e l'esatto preciso momento in cui per la prima volta hai visto l'uomo che ami e annusato il suo odore caldo.

Dicono che sarà un anno bello, amici della capra.