giovedì 24 marzo 2011

Undici


Questa l'avete sentita ovunque ultimamente, e la capra non si sottrae: 10 cose per le quali vale la pena vivere, in ordine sparso. La capra che suona il violino, nel caso siate distratti e non ve ne foste accorti, le contiene tutte.

1) partire per un viaggio lungo in aereo
2) guardare i gabbiani che si inseguono tra i minareti da una terrazza di Sultanhamet la sera d'estate, lo scialle leggero dei viaggi e una tazza di the
3) la nomination ad un premio internazionale importante per il lavoro
4) avere un appuntamento amoroso fisso con la Starry night di van Gogh, e ogni volta lo stesso tuffo al cuore
5) guidare piano in autostrada in una notte tersa, ascoltando Mina
6) la neve quando è tantissima, tanta da costringerti a cambiare programmi
7) avere nel cuore e nella testa l'esempio civile di Giovanni Falcone
8) tenere addosso Mati appena nato, profumato e tiepido come una stufetta
9) la voce di Fabrizio De Andre' che canta la canzone dell'amore perduto
10) non arrendersi proprio quando vorresti arrenderti

11) ...questa me la tengo per me, e a voi amici della capra la racconto sì, ma non adesso.


Credit Grazie per le adorabili foto alle BusyB's.

sabato 12 marzo 2011

No reasons, no way out

Poi, ci sono cose che non sono trattabili.

"... per come la vedo io è esattamente come l'amore. C'è una persona. Che ti manda ai matti, spesso ti irrita, per lunghi periodi ti ossessiona. Ma è la persona da cui vuoi tornare, la sola. L'unica che ti manca quando atterri e l'aeroporto è soltanto una stanza piena di sconosciuti."
(Gabriele Romagnoli, in gennaio per Vanity Fair - qui)

martedì 1 marzo 2011

Felicità, estetica


Allora, la vostra amabile wonnie si è innamorata dell'ipad.
Ve l'ho già detto qualche tempo fa, lo so, e ve lo ridico con la tipica monotonia ottusa degli innamorati.

Ma tant'è: per la prima volta nella mia vita un pezzo di tecnologia è in grado di farmi felice.
Non solo essere utile, non solo lavorarci, non solo trovare le cose.
No.

E' una roba da toccare. Da portare in giro. Da portare a letto. Da trovare dove sei e dove vai e dov'eri sulle mappe, e tutto quello che ti va mentre bevi gimlet in qualsiasi parte del mondo.
Per leggere tutti i libri in inglese, o in francese. In italiano, pure.
Per sapere cosa significa una parola solo toccandola.
Per leggere i giornali, tutti.
Per giocare con Mati e anche senza, e per sapere che tempo fa a Berlino.
Per scaricare e sentire la musica, i film, per guardare i video di youtube.
Per imparare l'ikebana o qualsiasi altra cosa sia scaricabile con un'app.
Per attaccarsi beati al wifi di Starbucks tavoletta e chai latte.

E' tutto, tutto quello che sai e che non sai, sempre, ovunque.
E' cool, e sexy. (Conosco anche un tizio che corrisponde alla descrizione, ma vabbé, questa è un'altra storia).
Non devi trovare un posto per connetterti, quel posto sei tu.
It's pure magic.
La magia del tocco delle dita.

E mica solo per me.
Scendete nel grande cubo di plexiglas di Apple sulla Fifth Avenue, angolo parco, e vedrete un mucchio di gente felice. Non ci ho mai capito una mazzafionda, di questi che sorridevano beati e sciocchini lì dentro. Ma era prima, che ve lo dico a fare.

Quindi, per prima cosa: Steve Jobs, perfavore non morire.
Hai cambiato il mondo, le nostre vite, e aumentato la quota di felicità del mondo, e puoi sognare per noi altri sogni da toccare, quindi non morire proprio adesso.

Bene, l'apologia romantica ve l'ho fatta, amen.
Ho un dubbio, quindi dopo la semantica vi ammorbo con l'estetica.

Ovvero ieri mi è sorto un altro pensierone.

Io vado in libreria a svagarmi, lo adoro proprio. Mi calma, rilassa, mi mette di buon umore.
Amo il luogo, il panorama, la gente. Da sola, in compagnia. Negli aeroporti e sotto casa.

Ma poi i libri li compro online: quindi devo supporre che tra qualche tempo non avrò più librerie sontuose come ora.

Sto barattando inconsapevolmente un non luogo (non esattamente nel senso di Marc Augé, probabilmente) con un luogo (che amo)? O si tratta di due non luoghi invece? O la libreria è un non luogo dopotutto, come un centro commerciale ma appena meno cheap, e la tavoletta invece appartiene a un genere diverso?
E in ogni caso: tra poco io e quelli come me renderemo antieconomico produrre i libri cartacei, dunque è ragionevole pensare che non avremo più posti simili dove andare?
E poichè anche per lo shopping è così, tra poco non avremo più vetrine da guardare passeggiando sotto il sole?
Tra poco quindi potremo guardare solo il cubo di plexiglas - quello che al momento fornisce l'unica cosa che serve per fare tutte le altre, il supporto duro - sulla Fifth o in qualunque altro posto al mondo?
E dove ci troveremo, dove andremo a guardare la gente? In chiesa (e non scherzo)?
Quali saranno i prossimi luoghi?

(Non fate gli spiritosi: il fatto che per allora sarò sicuramente morta non rende il domandone meno vero).