venerdì 25 dicembre 2009

25, mattina

Mattina di Natale.
E' quel magico perfetto momento in cui tutto è a posto, l'albero con gli addobbi di casa e le luci accese tocca il soffitto. Le lucine che si accendono e si spengono regolarmente fanno un cicalio appena udibile che per me è da sempre il rumore del Natale.
La lampada dell'avvento che non funzionava si è accesa per magia, i lumini da ieri ardono sugli scalini fuori dalla mia porta, per l'attesa, la pace, l'armonia.
I pacchetti nelle carte rosse coi babbi sono ai piedi dell'albero, il cappone ripieno è sfornato con la sua corona di mele annurche, scalogni e albicocche, il montblanc ritirato in pasticceria prima che la medesima chiudesse.
Tutti quelli che amo, e che non sono qui, hanno chiamato o mandato messaggi da lontano, la mamma è vicina e si preannuncia un pomeriggio di astronavi, gormiti e indovinachi.
Anche la musica è giusta, e sembra impossibile, adesso, avere momenti migliori, o peggiori di questo.

La capra suona Frosty the Snowman che sembra Ella Fitzgerald, e sorride.

Edit: poichè il cappone ripieno era strepitoso, e la ricetta è tutta mia, eccola qui.

Fatevi disossare un cappone in grazia di Dio dal macellaio.

Il mio, ve lo dico, è noto come "il gioielliere", per via dei prezzi, ed è pure fico. Ho sentito con le mie orecchie una signora sospirare, parlando con il fratello del suddetto, che lavora con lui dietro il bancone: "Grazie, aspetto lui, ma lei intanto può darmi delle alette di pollo". Così.
Lui, in persona personalmente, non solo mi ha convinta a trascurare una faraona a favore del cappone suddetto, ma ha pure disossato il pennuto, l'ha ripieno e ricucito.
Giuro che volevo ripienarlo io, ma non ce l'ho fatta a contraddirlo.
Inutile dire che il ripieno era perfetto.

Voi fate un ripieno solito da cappone, con il vitello, la salsiccia, il pane ammollato nel latte, le uova e i profumi che vi pare, e ricucite per bene.
(Datemi retta, mettete il timo e la salvia, il prezzemolo e la noce moscata, e lasciatelo piuttosto morbido.)

Mettetelo in una teglia da forno capiente, e massaggiatelo dappertutto per bene con una miscela di burro salato ammorbidito (il Lurpak, o del demi-salé francese andranno benissimo) e senape à l'ancienne, lavorati con le mani per la temperatura. Infornate per una ventina di minuti a 220°.

Tirate la creatura fuori dal forno, irroratela con il vin santo, e infornate di nuovo per circa tre quarti d'ora, però abbassando il forno a 160°. Potreste usare un bianco aromatico tipo Traminer, ma vi assicuro che il profumo che il vin santo dona alla cena di Natale è insostituibile.
.
Ammollate nel cognac un bel po' di albicocche secche ma morbide, e lasciatele lì mentre lavate e tagliate a fette di circa 1 cm di spessore le mele annurche. Certo, potreste usare renette o fuji, ma le annurche sono speciali, e fanno Natale, quindi non mi rovinate il piatto per un dettaglio.

Pelate e tagliate a metà degli scalogni, sapendo che quelli francesi sono indiscutibilmente i migliori al mondo.

Spremete il succo di mezza arancia per evitare che le mele anneriscano, aggiungete le albicocche e riservate il cognac, aggiungendone un dito.
Una bottiglia di Martell costa un po', ma vi assicurerà di sicuro anche altre piccole gioie durante le vacanze.

Togliete il cappone dal forno e contornatelo di mele, albicocche e scalogni, irrorandolo coi liquidi di arancia e cognac, e con del burro senapato se vi è avanzato. Infornate di nuovo per una mezz'ora, alzando la temperatura a 180°.

(Idealmente, un'aggiunta di castagne lessate insieme a mele e albicocche sarebbe la morte sua.
Io non le ho messe perchè non le ho trovate né surgelate né già lessate, e di mettermi a pelare castagne la vigilia non se ne parla, che ve lo dico a fare. Ma completano il piatto, e bilanciano il sapido del ripieno e il dolce della frutta.)

Potete cucinarlo anche il giorno prima, e riscaldarlo nel forno a 150° per 10 minuti, ma ben coperto da un foglio di carta di alluminio.

Si beve: Moet&Chandon, se no che Natale è.

lunedì 21 dicembre 2009

To me, perfect

http://www.youtube.com/watch?v=5m2T5yfgsZ0

Questo video ha una storia. E' una bellissima storia, perciò un giorno giuro ve la racconto.

Ma non ora.

Questo video è tuo. Buon Natale, UCP.

domenica 20 dicembre 2009

Un posto nel mondo

20 dicembre, cinque giorni a Natale.
Che dirvi, amichetti della capra, che bel momento.

La lezione all'università di Urbino è andata bene, e così pure i convegni a Bologna e Siena.
In tutte e tre le occasioni, nell'aula della facoltà di economia, nella sala del Podestà del palazzo di Re Enzo, nel teatro dei Rozzi, mi sono domandata se erano loro ad aver abbassato il livello (come dice S. per prendermi in giro) o se sono io ad essere diventata bravina. Il dubbio non è sciolto, e uno di questi giorni devo ricordarmi di scrivervi un due righe sul tema cultura-aziende-finanziamenti pubblici e privati-sponsorizzazioni.

Ma non ora.
Adesso è Natale, e l'abete è fuori dalla mia porta coperto di ghiaccioli pronto ad essere decorato da me e da UCP bevendo Chai latte. C'è tipo -6 gradi Celsius, che nemmeno a Stoccolma, e domani ricomincia a nevicare, il che grazie al cielo sfavorisce gli spostamenti.

Ho lasciato l'agenzia alla chetichella, senza praticamente salutare, il che è stato salutare.

Se ne riparla il 10 gennaio, perchè è stato l'anno più convulso che io ricordi e non ho voglia di pensare ora ai mille progetti che mi aspettano. So già che un po' mi mancheranno S., la capa Ginevra, e pure Caparezza, e anche un po' M. e il Rude, che al party di Natale hanno estratto i numeri della tombola come veri patriarchi. La Matriarca ha mandato da Verona un messaggio forte e duro come un cristallo, che mi ha fatto piangere.

L'anno che arriva porterà cambiamenti che già si annunciano all'orizzonte, cui non è estraneo l'amato Crotalo, e vedremo.

Esattamente un anno fa, ho scritto il post di A., che è in assoluto il preferito dai lettori della capra. Molte cose sono cambiate, e sono più stanca di allora.

Come allora, e più di allora, mi sembra di tenere tra le dita il mio posto nel mondo.

lunedì 14 dicembre 2009

Una ghirlanda


E' quasi Natale.

Non ho ancora scelto l'albero, non ho ancora fatto la lista dei regali, non ho ancora comprato i regali, non ho pensato al menu della cena della Vigilia. Non ho fatto ancora i biscotti, la ghirlanda fuori dalla porta c'è, ma è la peggiore di sempre.

Non ho comprato il vischio nè le stelle di Natale.

La lampada dell'Avvento nuova non si accende, perchè si è bruciata una luce. Le lampadine per sostituirla non sono ancora arrivate da Londra.

Ho solo lavorato, lavorato, lavorato tanto. Sono stanca. Ho solo questa ghirlanda di pensieri che non partono e non arrivano.
Non sono riuscita ancora ad andare a pranzo con le persone che amo e che vorrei vedere per scambiarci i doni. Non ho doni.

La colf ha rotto il vaso Daum - giusto qualche migliaio di euro in cocci - e poi si è licenziata per lo spavento.

Ho visto Grey's Anatomy, ma così stanca da non capire nemmeno il plot.

Domani l'ultimo viaggio di lavoro prima della fine dell'anno: un trenino che attraversa le Crete senesi in una mattina ghiacciata, una macchina con autista a notte verso Roma, un albero di Natale di cristalli, un detestabile hotel all'Eur.

La mostra di Bacon e Caravaggio alla Galleria Borghese dovrà aspettarmi ancora.
Qualcuno ha dato una papina bella forte sulla faccia di Silvio, attaccando il lavoro del suo dentista.

Mancano quattro giorni alle vacanze. Forse.


L'UCP mi ha portata all'IKEA - l'aveva promesso, che entro la fine dell'anno ecc, e lo ha fatto davvero, incluse le polpette svedesi coi mirtilli e la birra di Natale - e io ho comprato un montalatte per fare Chai latte in grazia di Dio, un copripiumino nuovo bianco a fiorellini rossi, la marmellata di lingonberry che avevo scordato a Stoccolma, carta da regalo rossa.

Ho comprato anche i lumini, e così la Vigilia avremo come sempre per tutta la notte piccoli fuochi di luce sugli scalini in attesa dell'Angelo.

mercoledì 2 dicembre 2009

domenica 29 novembre 2009

Cuori attratti da stelle

This is life's sorrow:
That one can be happy where two are;
And our hearts are drawn to stars
Which want us not.
Spoon River, Herbert Marshall

E' da un pezzo che abbiamo lasciato da parte la conta dei defunti.
E' ora di riprendere l'elenco e di portarci dietro qualcuno che non era né uno scrittore né un poeta né un pittore famoso.
La capra si porta dentro questo inverno che arriva le sue tettone rifatte, e la pietà per una vita vissuta in un piccolo angolo di inferno che si era fatto molto, molto caldo, e infatti è morta carbonizzata in un seminterrato dalle parti della Flaminia Nuova.
Si chiamava Brenda.

giovedì 26 novembre 2009

Torino


Torino è una città reale.

Voglio dire una città da re; palazzi da nobili sabaudi, piazze di luci, boulevard da lungosenna, foliage da foto d'autore, ville in collina immerse in parchi secolari e misteriosi, una Parigi con sfondo di Alpi. E poi: la Gran Madre illuminata e misteriosa nella notte, e il Lingotto, le fabbriche dentro la città.
E Cavoretto che sembra Pontoise.

domenica 22 novembre 2009

Semplice abbondanza

Ci sono anni che fanno domande, e anni che rispondono.

Dite quello che volete, ma a me tra la fine di ottobre e l'inizio di novembre compare bella chiara e precisa la strada verso il Natale.


Sia il profumo dell'aria o delle caldarroste o dei camini per strada, sia la mia perniciosa tendenza alle carole e ai dischi di Natale, agli addobbi, a sperare che nevichi (quest'anno, per ora, non se ne parla: a Milano non fa per niente freddo, a Roma è praticamente estate), allo shopping prenatalizio a New York, Londra, Stoccolma (eh si, per la cronaca l'UCP ed io siamo di nuovo in partenza), ma anche Parigi, Roma o laqualsiasi basta che ci siano negozi e mercatini.

Sia il senso di gratitudine che mi pervade come Pollicino che segue le molliche, il weekend del Ringraziamento che incombe, o la scelta dell'albero e della ghirlanda per la porta, fatto sta: servono solamente due beni di prima necessità per il viaggio.

Tchai latte e Semplice Abbondanza.

Simple abundance di Sarah Ban Breathnach è uscito in edizione italiana da Corbaccio circa un secolo fa, nel 1995, e io ne possiedo una amatissima copia.
(Al momento non risulta su ibs, dunque deduco sia fuori collana: si trova invece in inglese, e per modica cifra. Vedi, studiare le lingue. Adesivo pubblicitario di scuola di lingue visto su un'auto davanti a me in coda: if you can read this, you have to thank on your English teacher. Io ho avuto come teacher quel gran lusso dell'amata The Lady, che ve lo dico a fare).

Per quanto ora voi miscredenti vi metterete a pensare che SA è uno di quei soliti libercoli americani un po' New Age per gonzi, così non è.

Da molti anni, e soprattutto in questo periodo, niente più di questo libro riesce a consolarmi, a darmi speranza ed energia, a farmi sentire la luce speciale dell'esistenza. Mi dà forza negli anni bui, e calore negli anni belli.
Mi fa pensare al Natale come ad una porta luminosa socchiusa verso il futuro.
Mi ha insegnato uno dei miei mantra preferiti, quello che vi ho regalato in epigrafe (considerate questo gioiellino il mio regalo di Natale di Tiffany, e non se ne parli più - ed evitate letterine pietose indirizzate a Wonnie - Polo Nord che tanto non attacca).

A dirvela proprio tutta, datemi SA, un sabato pomeriggio e una fetta di plumcake all'arancia e riesco ancora a sentirmi Jo March nella soffitta di casa, come quando da implume restavo a letto con l'influenza a leggere Piccole donne.

Quanto a Tchai Latte, l'ideale è andarselo a bere nel Lower East Side.
In alternativa, ma indubbiamente meno glamour, ordinatevi qualche bustina di Tazo Organic su Amazon, che è all'incirca la cosa più sensata una creatura possa fare con 4.65 USD.

Wish list -Mentre medito sulla letterina di Natale di quel santo-bambino-della-zia-sua (non è esattamente una lettera: c'è il titolo, tipo "letterina a Babbo Natale", e un elenco di Gormiti e Lego e robe varie, 13 cose, punto), ve lo dico: io vorrei il Fierce, e l'edizione completa della Alcott da Einaudi.

Si beve: vino novello, sidro e Laphroaig.
Soundtrack: Have yourself a merry little Christmas, i Coldplay.

domenica 15 novembre 2009

Non un posto più romantico al mondo

Non c'è posto più romantico al mondo delle sale di un aeroporto, ha scritto Alain de Botton.

Perchè non c'è storia: si vola per l'andare, o per il tornare a casa.
Per incontri casuali, o per qualcuno da incontrare.

Si è, quando lo si è, frequent flyer inside, e le millemiglia non c'entrano.

domenica 25 ottobre 2009

Beni primari(e)

Mentre preparo una cena ottobrina per l'UCP del mio cuore, le carbonnades à la flamande della Sigrid e il castagnaccio con la ricetta di mamma, nonna e bisnonna e su per li rami che nemmeno sotto tortura ve la scrivo, sarei tentata di andare a votare Bersani per le primarie del PD.
Delle quali sono senz'altro "utente finale" come dice Ghedini, ma che vorrei evitare di considerare "debolezza privata", come dice(va) Marrazzo.
Io vorrei Rosy Bindi alla segreteria, ma nel considerare che di questi tempi noi ragazze non siamo per niente di moda, altro che sex and the city, mi sento di avere una sola primaria aspettativa per così dire politica: che Pier Luigi non rubi, non sia nè corrotto nè corruttore, e addirittura che non vada né a puttane né a trans.

Edit: è finita che Bersani è il nuovo segretario del PD, sapesse davvero lasciarsi indietro le Binetti e i Rutelli, dicesse qualcosa di sinistra, proteggesse il proprio mondo, la politica e i cittadini tutti da orrori come la vicenda Marrazzo. Io ancora spero.

sabato 17 ottobre 2009

Tu, che sei parte di me

(e lasci fuochi
piccole tracce
per riportarmi a casa,
ultima luce,
ultima insegna accesa)

da lontano, dal rumore, appena prima di tornare

martedì 13 ottobre 2009

Festivàl


Just a gigolo
everywhere I go
people know the part
I'm playing

E' così che sta andando: che tutti inchiodano e pitturano e appendono e piallano e la tromba d'aria e il Comune che non autorizza e l'allacciamento dell'acqua no, e i film e il red carpet e i talents e James Ivory e Meryl. E le hostess, e il little black dress. E la Vespa, e il sole di Roma in ottobre, e la Corona e i Fonzies alle sette e il piano b e il piano c e vai piano con l'Ape.

Mi manca tanto l'UCP.

Edit: è finita davvero in tacchi a spillo e little black dress e clutch d'ordinanza sul red carpet di una freddissima sera romana.

Sì, avete capito bene: posso dirvelo, miei piccoli lettori, che davvero, vista da lì, la vita rulla, ma rulla molto?
(Nient'altro che piccoli favori, e capra a ridersela da qualche parte tra i teleobbiettivi.)

lunedì 28 settembre 2009

Cose che restano

a Giovanni, quello di allora e questo di adesso
Ci sono cose che non cambiano.

Per dire: a Porta a porta riparlano del delitto di Garlasco, perizie e bicicletta e tutto, al momento non vedo il modellino della casa del delitto ma sono certa che Vespa ce l'ha, imboscato da qualche parte. Comunque ci sono la Matone e Crepet, stiamo sereni.

Così, quando stasera ho trovato il commento di Giovanni al mio post precedente, ho pensato così: che ci sono cose che non cambiano.

Voglio dire, c'era lui in Sardegna una disgraziatissima estate in una stramba casa con la piscina al primo piano, con una fidanzata mai più vista di cui si è persa memoria. C'era lui a recuperarmi in una stazione, un'autunno di molto tempo fa in cui, per così dire, slatentizzavo la mia arte della fuga prendendo aerei in direzioni varie. All'aeroporto, infatti, mi ci portava lui, in genere dietro minaccia. C'era lui infinite altre volte, in un'altra vita.

Giovanni è una cosa che tu non usi quasi mai, ma sai che è lì: non sopporterebbe niente, credo, del caos della mia vita di ora, e infatti figurarsi, non ci sentiamo nemmeno; credo mi consideri una specie di invasata in carriera in un posto di pubblicitari pazzi, di destra e vagamente Milano-da-bere, la cui sola vista lo stanca e che trova interessante circa come una serata al circo Nones.

Ma è a Giovanni che chiederei cosa pensa di un libro, a lui direi con affetto che è un uomo veramente inutile (una nostra vecchissima gag), con lui passerei un pomeriggio di ozio a bere birra e a scambiare battute e punti di vista.
Non so se questa è amicizia: voglio dire, credo di non avere nemmeno più il suo numero di cellulare, e non sono certa che vorrebbe mai rendersi così reperibile.
Di certo ha il permesso di linkare la sua memoria alla mia, i miei link includono lui e la sua pipa e i suoi occhiali da sole, con i quali ama prendere le distanze dal mondo.
Giovanni ha la mappa di questo blog che custodisco per me e per i pochissimi dai quali non mi sono mai sentita giudicata. Le sue visite, e le brevi tracce di lui mi commuovono.

Sto invecchiando. Finalmente posso farmi il visone.

venerdì 11 settembre 2009

Dov'è Mike?

Così.
L'ho domandato a UCP ieri sera mentre riempivo la lavastoviglie.
Dopo le costolette d'agnello e prima della grappa.
"Stai parlando dell'immortalità dell'anima?" ha chiesto lui, che non fa mai finta di non capire le domande.
"Sì", ho detto io.

UCP lo esclude, ma io vorrei sapere se Mike guarda la tele adesso, o fa Riskytutto da qualche parte.

mercoledì 9 settembre 2009

Stay hungry, stay foolish


Non è nuovo questo discorso, ma Steve Jobs è tornato, e che classe. E qui.
Mike invece non torna, ma vale lo stesso.
Stay hungry, stay foolish, Mike.

venerdì 28 agosto 2009

Villa Villacolle

Non posso trattenermi: ma a Villa Villacolle, dove minchia erano tutti gli adulti?

Terrae motus

Zero preamboli: Rumiz è in giro. Per terremoti.

Praticamente, è andato a Pantelleria e di lì risalito su per le faglie della penisola.

Da un venti giorni è piantato tra la Sila, le Serre e la profonda Lucania. Di questo passo, contando l'Abruzzo e il Friuli, mi sta in giro fino a Natale.

Dunque mentre la Terra girava, c'è stato tempo per una cenetta sotto le stelle della Plaka, per il sole che tramonta su Telendos, per i preziosi libri sul '700 di Benedetta Craveri, per Norma che ha occhi e sorriso magici, e via di greek salad e moussaka e baby fish e thyme honey.

L'UCP ha abbandonato certi coltissimi tomi per Barney e la trilogia completa di Millennium (qui, l'ho perso circa di vista per un quattro cinque giorni), ha arrampicato e nuotato e scritto mentre io mi sono smaltata le unghie (YSL, Cuir d'or).

Non avete idea di quanto sia fantastico avere accanto un intellettuale, potete sviluppare il vostro lato sciampista senza remore.

Silvio, d'altra parte, è riuscito a fare delle rovine de L'Aquila un set per il G8 (che vergogna, che imbarazzo), a inventarsi di sana pianta (vecchio geniaccio del marketing) un G8 per l'ambiente (?) da tenere a La Maddalena, per giustificare lo scempio già compiuto in vista del G8 poi trasferito a L'Aquila, infine a fare causa a Repubblica per le 10 domande con le quali con pazienza certosina e sistematica Ezio Mauro lo tormenta da mesi. Il PD (ossigeno, ossigeno! lo stiamo perdendo! carica!) è insorto. Insomma, si fa per dire, è insortino, via.

Veltroni ha scritto un libro, e colto l'occasione per dire che non è tutta colpa di Silvio, ma anche della dirigenza PD, il che se non erro ci porta a se stesso medesimo, ma in modo sfumato eh.

Nella corsa alla segreteria, Marino è già affossato, e vincerà Bersani (si sa già, è come Sanremo).

La Serracchiani, delle volte vi domandaste con ansia che fa, è abbronzata, ma francamente non è che adesso essere abbronzati basta per tutto eh.

mercoledì 22 luglio 2009

Questioni personali

E' una vecchia storia, non posso trattenermi/1

Silvio non usa il preservativo. Peccato.

Mi riferisco a ONE, un fantastico progetto sviluppato a partire da UK da Duncan Goose con la sua Global Ethics.

E' venuto a raccontarci quel che fa una mattina all'ora del breakfast, a Londra, e mi sono innamorata di tutto, sentite qua.





Duncan ha realizzato un modello di azienda praticamente rivoluzionario, che silenziosamente sradica il capitalismo inteso in senso tradizionale .

One persegue senza mezzi termini la logica del profitto classica, esattamente come UL o P&G o Nestlè, non è in alcun modo un progetto di charity, ma con una fondamentale differenza: pagati i costi, e il lavoro delle persone che ci lavorano, ogni singolo centesimo viene investito per finanziare un corrispondente progetto di aiuti ai paesi sottosviluppati.

Il profitto, cioè, leggete bene: viene integralmente utilizzato per finanziare progetti etici, secondo il modello per il quale un certo tipo di business (ad esempio l'acqua) va a finanziare un progetto avente il medesimo tema (portare l'acqua nei villaggi africani).

One Water, il primo progetto sviluppato da Duncan, è (lo dice la parola stessa) acqua.

Acqua acquistata e imbottigliata localmente nel paese in cui verrà venduta (l'acqua venduta in UK viene dal Galles, per esempio, e viene imbottigliata lì), etichettata con il brand One, i cui profitti vanno a finanziare le Playpumps, che sono una cosa semplicemente geniale.

Le Playpumps sono giostre per bambini.

Vengono installate nei villaggi africani, dove i bambini si divertono come matti girando e girando, e intanto il semplice movimento rotatorio pompa acqua dal sottosuolo. Geniale, appunto.

Ad oggi, Duncan ne ha comprate e installate oltre 300, cambiando la vita a migliaia di persone in Africa.


Duncan è alla costante ricerca di nuove idee di prodotto, da mettere in commercio per poi "scambiare" i profitti derivanti da esse con progetti in tema: ad oggi, One Vitamin Water (acqua vitaminizzata ai gusti di frutta) finanzia le Playpumps e la costruzione di orti in Africa, e One Condoms finanzia la lotta all'HIV (il 20% della popolazione africana contrae il virus).


Perciò, Silvio, usa il preservativo. Compra One Condoms anche tu.



Non posso trattenermi/2


Non fate storie, è luglio ed è almeno un mese che la questione, lo sapete benissimo, è nel mio retropensiero.

Dov'è Rumiz?

martedì 21 luglio 2009

A room with a view

If one had but a single glance to give the world, one should gaze on Istanbul.
Non so voi, ma qui è tutto un andirivieni.

Da domani mi trovate dalle parti di una certa terrazza, sulla quale si legge, si beve té, si amoreggia, si ascolta il muezzin all'alba e verso sera.

Questa.
Ah, la vita.

lunedì 13 luglio 2009

A one night stand

Sono tornata a casa, da Londra passando per Umbria Jazz.

Perugia in questi giorni è una città in festa e in musica, i gelati di Grom sono buonissimi, la voce e la chitarra di Tuck&Patty nella lounge dell'Arena Santa Giuliana fantastiche.
Il mitico hotel Brufani mi sa che non è cambiato da quando la mamma ci sostò in viaggio di nozze, dalle cortine di broccato giallo potrebbe spuntare il fantasma del palazzo da un momento all'altro, ma è pieno di musica dentro e fuori anche lui: drinks&dinner in music e palco nei giardini, piccolo cuore del festival.
Dal terrazzo mi si offrono come un regalo i tetti di coppi quasi rosa, e le colline umbre.
Sono qui per lavoro, ma torno a notte a piedi con le scale mobili, mi perdo nella folla e nella musica di corso Vannucci.
Sono sola, ed è lieve, e la capra suona il sax solo per me.

giovedì 9 luglio 2009

No rules, just results

Amo Londra.

Nonostante mi senta come se fossi in lavatrice, nonostante io sogni in inglese, e sia oramai dislessica in italiano, e nonostante Chiswick e i replacement bus e dieci ore ogni giorno di modelli di business in quindici differenti accenti.

Se siete a Londra, e attraversate quel posto incantato che è Covent Garden, o se attraversate il fiume sul Millennium bridge, o ve la spassate la domenica a Southbank o a Shoreditch, siete in uno dei posti più cool del pianeta.

Piccoli favori, in ordine sparso:

Genelle, che è una donna fantastica, e una meravigliosa coach

tutta la classe: Dan, Ita, Lee, Vicky, Erika, Stavros, Alan, Micke, Swantjie, Luis, Andrew, Neslihan e gli altri

Harrods, le ribs e i mango daiquiri da Giraffe con la capa Ginevra

il London Eye e gli occhi dell'uomo che pensa

so, what happended? e mind the gap e closing the doors-goin'up e oh, James!

l'erba di Green Park in una domenica d'estate

Pipilotti Rist al Southbank Centre

Topshop, and so on

i Turner e i Gainsborough alla Tate Britain

Waterstone's

fish and chips (and beer) al mio amato Thomas Cubitt

la nostalgia dell'Italia al Terminal 2 di Heathrow

la bloody freezing meeting room

cambiare punto di vista


Questa esperienza è difficile, e challenging, e scomoda, e mi fa toccare i miei limiti: culturali, linguistici, umani.

domenica 28 giugno 2009

Una ragazza di Londra

Sembra che io me la sia per così dire tirata, miei piccoli lettori, a dirvi che le cose viste da Londra sono differenti, etc etc, perchè ormai depressa vi scrivo dalla mia stanzetta londinese, praticamente in esilio.

Nel caso vi domandaste come mai, sono qui per ordine del network, nonchè del Rude e di M., a fare la studentessa.

Per dire: traslocano della gente da mezza Europa per stare chiusa in una stanza a seguire delle lezioni che durano tutto il giorno e pure la sera, e mica due giorni, no.

Due settimane.

L'idea è che tu intanto comunque lavori, rispondi ai clienti, eccetera: ma scomoda.

Ignari del dramma, clienti e colleghi ti scrivono, mandano allegati da tre mega che dal blackberry non puoi leggere e quindi te li devono faxare da Milano e poi portare a un altro piano, ti chiedono un comunicato stampa al volo che scrivi al tavolo della colazione macchiandolo di burro, la connessione dell'hotel va e viene, la webmail la leggi ma non riesci a inviare, e così tutto il giorno.

Nello stesso tempo, ti dimeni in giro per una sala meeting facendo l'energizing ogni due ore (che è un giochino scemo di gruppo, ma che cambia ogni volta), ballando una specie di hoola hop (sempre per alzare il livello emergetico della classe), attaccando cartelloni e postit alle pareti, simulando di tutto tranne che (per ora) un orgasmo (di gruppo, nel caso), rispondendo a domande, indovinelli, bevendo caffè e mangiando bigné o birthday cake o biscottoni al cioccolato e poi via di nuovo a fare il cerchio. Tutto senza soluzione di continuità. Aiuto.

Tanto per iniziare, domenica sera l'ukraino maleducato si è preso il mio posto nella fila al checkin in albergo, ho dimenticato l'adattatore e me l'hanno dovuto spedire col corriere, per l'ovvia ragione che io sono praticamente reclusa e qui vicino non c 'è una mazzafionda e in questo deplorevole posto non hanno un ca**o di adapter, ho messo senza volerlo l'aria condizionata su "temperatura polare", la tv ha solo canali inglesi (e vai col Grande Fratello locale, anche qui ci sono degli sfaccendati in un giardinetto tipo ikea) e sono alle prese col room service: la mia birra, un'insalata greca e una enorme ciotola di hummus home made e zeppo di aglio.

Allegria eh, ci si ammazza di risate qui.

Ah, ho dimenticato anche lo shampoo. Echeppa**e.

C'è anche la capa Ginevra, che è mia compagna di scuola. Anzi, io sono la sua, direi meglio.

Siamo andate da Harrods ieri sera, evitando abilmente i drinks in albergo coi nostri compagni e insegnanti, e poi cena libanese (sì, ancora).

Ha dimenticato tutti gli acquisti di Harrods lì, pertanto stasera stesso giro, recupero dei pacchetti dai libanesi.

Cena giappo col tapis roulant, la capa, il portoghese e io.
Latin people together, ha detto lui. Stika
Ve lo dico subito: qui è supercool, se solo avessi del tempo libero.

I palazzi sono un incanto, il clima dolce.

Le inglesi in metro hanno minigonne, gambe rasate con la lametta (fidatevi, una ragazza lo sa), piedini gonfi strizzati in flipflop gioiello. Unghie laccate, e leggono: una leggeva la Byatt, una i Salmi.

Vabbé. Anche io prego che finisca questo tormento.

Più che i salmi, mi farei i salDi, che qui sono già iniziati alla grande.

(Lo so, sono blasfema: ma è colpa del dibbuk che mi abita, non sono io.)

The Italian (blow) job (questo è il dibbuk 2.0, ovvero cosa si vede da qui, rubrica fissa da Chiswick)

Il PD si è riunito a Torino, e si sono detti che devono svecchiare il partito, ora basta.

Infatti, correranno per la poltrona di segretario, il prossimo ottobre, due ggiovani: Franceschini e Bersani.

Ma solo perchè Chiamparino, la Montalcini e Neanderthal hanno detto no.

Scalfarotto, Serracchiani e Civati hanno detto per carità!, è un po' prestino: se ne parla magari nel 2013, quando saranno grandi.

Silvio ha ballato a Napoli, e poi è andato a commemorare dei morti.

Ma ve lo siete dimenticati che adesso è single e può fidanzarsi?

Sarkò ha aperto una strada che sono certa, con Silvio diventerà certamente un boulevard, un'autostrada, ma che dico, una pista aeroportuale.

Dopo le ragazze, le buste, le feste, o' Silvio nnammurato, fidanzato, danzerino, canterino, e per stasera non vado oltre.

domenica 21 giugno 2009

Patria

La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. (art.21)
Nessuno può essere privato, per motivi politici, della capacità giuridica, della cittadinanza, del nome. (art. 22)
Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. (art. 48)
La giustizia è amministrata in nome del popolo. I giudici sono soggetti soltanto alla legge. (art. 101)

Lo dico sempre io che essere delle ragazze viaggiate è importante.

E' importante andarsene dalla Madrepatria, pure, di tanto in tanto, per confrontare quello che fanno là e quello che si fa di qua, o anche, in mancanza, andare in un posto così fuori dal mondo che, per esempio, ci arriva il vino da Contessa Entellina, ma non i giornali.

Così accade che, quando si torna, si ha un'immagine d'insieme che è come un flash.
Meno dettagli, ma quasi un colpo d'occhio rivelatore.

Un signore londinese l'altro giorno, seduto accanto a me al tavolino della colazione sotto un pergolato di ulivi, mi ha detto che era arrivato il tempo di tornare, back to the Mainland.
Mainland, per il dizionario, è la terraferma, il continente.
Capita l'inversione della visuale? Da Londra, gli isolani siamo noi.
Ma lui intendeva tornare in patria, letteralmente la terra primaria, anche se - mi verrebbe da dire - non esclusiva.
Oh, my dear, we were pirates, we had an empire - mi disse una volta sospirando The Lady, per spiegarmi with no frills perchè gli inglesi non hanno mai imparato le lingue. Non era necessario, si capisce.

Dunque - mentre andavo e tornavo - è accaduto per esempio che nella Madrepatria c'erano una, dieci, cento Noemi.
Capito? Non era UN attacco senile, e non è che Silvio si era innamorato, Silvio - come ha detto delusa ai carabinieri una di queste ragazze - "faceva così con tutte". E tutte lo chiamavano papi, tranne lei, che -non avendo confidenza - lo chiamava Silvio (sic).
Praticamente c'era un po' po' di organizzazione per lo smistamento e l'hospitality e poi Silvio mostrava la villa, cantava con Apicella, e - per finire, dopodopodopo - sfoderava una delle istituzioni più antiche di questo mondo: la busta.
O ancora: la candidatura, qualsiasi, o il Festivalbar, o la fiction.
Tuttavia, senza eccezioni, esse signore si premurano di far sapere che loro non fanno le escort.
Non battono, loro.
(Titolo memorabile dell'Espresso: Estate da papi - con foto di copertina delle ragazze in bikini a Villa Certosa)

E' accaduto anche che in the Mainland si è votato. Due volte.
La prima per eleggere il Parlamento Europeo e il Sindaco.
La seconda per tre referendum.

Io alle elezioni perdo sempre, e infatti: ho votato per Emma Bonino, che non siederà nuovamente in Europa. (Questa la considero una vera infamia.) Credo che la lista abbia preso il 2,9 percento, quindi zero seggi: ad Emma converrebbe candidarsi in un altro Paese, chissà.

Al mio Comune ho votato, con vera stizza, una delle coalizioni di centrosinistra.
Il candidato ovviamente ha perso, ma la cosa più irritante è che - avendo essi fatto le primarie (non dite niente, si, ancora) - è uscito che a correre per fare il Sindaco doveva essere il più bollito dei due, che ha già fatto il Sindaco due volte e che non aveva nessuna chance di vincere (si, ancora).

(Ah, ma non posso farvi mancare Debora Serracchiani.
E' molto brava, intendiamoci, e nemmeno una ragazzina: essendo la nostra impavida Debora, avvocatessa 38enne già sconosciuta di Udine, andata a dire pane al pane a Franceschini e al gotha del Pd (con D'Alema che sobbalzava sulla sedia dicendo ma-chi-è-quella) e che praticamente hanno rotto i coglioni con la loro fuffa, e avendo preso più voti di Silvio alle Europee in Friuli, adesso il Pd sta pensando di candidarla alla qualsiasi cosa.

Il panico per la disaffezione degli elettori e i successi di Tonino Di Pietro è talmente grande che vedremo presto, nella segreteria del Pd, Debora, il Papa ed Elvis Presley.)

Infine: i referendum.
Ho votato due no (all'attribuzione del premio di maggioranza in Camera e Senato alla lista - anzichè alla coalizione - di maggioranza relativa, ma si sono bevuti il cervello?) e un sì (all'abrogazione della norma che consente le candidature multiple).

Al momento, non so neppure se raggiungeranno il quorum dei votanti, ma volevo dirvi che io a votare mi sento bene.
Esco dal seggio e l'aria è pulita, la mente limpida.

Mia madre, quando le ho chiesto se aveva portato con sè a votare il mio nipotino, un cinquenne intelligentissimo e delizioso (cuore di zia), tanto per fargli respirare un po' di democrazia, ha detto "Ma no" come se le avessi fatto una domanda sconveniente, e di fronte alla mia impercettibile esitazione, ha aggiunto con improvvisa inquietudine "Perchè, tu vai a votare?" come se le avessi appena annunciato che batto sulla Nomentana tutti i venerdì sera.

Sì, batto, anzi mi batto cioè voto. Voto sempre, tutte le volte.
Voto per tutti quelli che, in giro per il mondo, vorrebbero votare liberamente, ma non possono.
Voto per quelli che invece, come mio nonno, dovevano iscriversi a un partito solo, e votarlo per forza, e questo almeno, mia madre dovrebbe ricordarselo.
Voto per quelli che, per poter votare in un paese democratico, sono morti in montagna, e anche questo mia madre, che viene da una famiglia delle Langhe, dovrebbe ricordarselo.
Voto perchè tanto tempo fa qualcuno di molto amato mi ha insegnato a conoscere i miei diritti, e ad adempiere i miei doveri, e dunque oggi voto per la mia personale speranza di cittadinanza.

Voto perchè, a non votare, sono i sudditi.

Lamùri

(Avendo una barca, non potrebbe chiamarsi altro che The golden goat.)

Nemmeno sotto tortura nominerò l'isola, ma posso fare la lista delle cose.

La nave, che è un bellissimo viaggio nel viaggio, e una camera con vista, e la terrazza a mare per cena, e i giorni di sole come solo giugno li fa da quelle parti, e il mare in amore al tramonto dal molo vecchio.
Stellate di una bellezza imbarazzante, e il buio nelle stradine, la notte.
Le cassatelle di ricotta del panificio, e le alici, le sarde e il tonno del pesciaiolo, che insieme al trancio rilascia la ricetta acconcia, e il maialino cotto al forno con le erbe di lì.
La pasta e la farina e il pane dal sapore più dolce del mondo.
Il pontile, e i libri, e mostri marini con cui lottare di tanto in tanto.
E Tata, che ha traslocato da Garlasco all'isola, undici anni fa, e da allora non si sogna nemmeno di tornare.
E i giornali, ma solo se ordinati per tempo a Chiara del caffé Tramontana, e solo se arriva l'aliscafo.
Gabbiani dappertutto, e sentieri in costa ripidi e profumati.

Guest star: il Lamùri del Conte Tasca, e l'amùri dell'uomo che pensa.

giovedì 28 maggio 2009

Venezia


Non lo so se muore, di sicuro è appoggiata sul mare.

Io a Venezia ci sono arrivata al tramonto, di una sera calda e umida già di estate, con la brezza dal mare che fa respirare e l'odore salmastro e i gabbiani e il cielo rosso e la laguna d'oro, che è circa il mio modo per farmi gli eventi da me, quelli che contano per me, in mezzo a tutto questo sbattimento.

Ci sono andata in treno, partita da arrivare per sera, e mentre l'Eurostar rallentava con quel gran mare d'acqua a destra e sinistra, e isolotti deserti e ciminiere e arsenali ristrutturati, io rallentavo con lui.
E' la fine di maggio, periodo dell'anno noto per il né troppo fresco né troppo caldo, sono le otto di sera e il cellulare ha smesso, il blackberry deriva.

Un tempo, diciamo quando ancora non sapevo come mi piacessero le uova, avrei preso un taxi d'acqua privato.
E invece.
Di nuovo premeditato, avevo studiato tutte le linee a casa.
Vaporetto linea uno, San Tomà-San Marco-Lido, ferma in tutte le banchine.

Sei euro e cinquanta caricate sulla tesserina magnetica da un veneziano gentile, dite quello che volete ma stasera io così mi sento ricca.
Sto sul ponte, la valigia ai piedi, un pacchetto di shortbread comprato a Santa Lucia.

Le facciate sembrano quinte costruite per commedie alla Feydeau o per Choderlos de Laclos o per donna Elvira che ogni tanto si affacci a dare dello scellerato a don Giovanni.
I portoni sull'acqua sono tutti chiusi, molti abbandonati al muschio. Facciate, ma con la porta sul retro.
Insieme, ci sono quelli che prendono l'aperitivo all'Erberia, l'antico mercato di Rialto proprio accanto al Campo della Pescheria.
Insieme, ci sono i turisti che sono sempre troppo pallidi o paonazzi come i tedeschi, o troppo ilari come i giapponesi.

(Gli anziani americani che espatriano devono aver capito tutto della vita, perchè attraversano la sera il Canal Grande abbracciati in gondola, e se lo porteranno in Texas, o in Winsconsin, nelle loro Sun City da pensionati, per truffare la malinconia, appunto.)

Insieme ancora, un luglio afoso di una casa tra le calli chissàdove e poi di corsa verso una festa in una di quelle palazzine Liberty al Lido dove i veneziani si rifugiano per l'estate, che fu per me l'estate di un dolore.
E poi il vaporetto al buio pesto nella laguna in settembre, e le fiaccole a Torcello, e la cena da Cipriani.
E una pioggia sottile d'ottobre, e la riconoscenza per le tele di Lucian Freud.

Ogni fermata, la calle e il fondaco o la fondamenta del traghetto, questa città non ha le vie.
Tipo che l'indirizzo può essere "San Marco 1364", e girato l'angolo c'è "San Marco 2672", a caso.
Poi ci sono i nomi delle calli, ma provate a inserirli in Google maps, o in viamichelin.
Si arrendono, ecco tutto.
Piazzano una bandierina dalle parti del Ghetto, e amen.
Penso che mi perderò di sicuro, e a come fanno quando gli devono consegnare col DHL i pacchetti dello shopping online.

San Marcuola, San Stae, San Moisé, San Tomà, San Polo. Anche i santi non sono quelli soliti, i nostri.
Sono i loro, di una terra speciale di confine.
Ogni campo, una chiesa barocca gonfia di un odore acre di chiuso e di muffa che non se ne va nemmeno aprendo i portoni al Dimensione caratterevento di mare, ristagna tra le colonne e sotto le volte.

Muore, Venezia?
Non si direbbe: in Biennale fervono i lavori per rientrare nella sede storica di Vallaresso accanto a piazza San Marco, e la prossima settimana si inaugura la nuova Biennale Arte.
Francois Pinault, ormai leggendario collezionista e mecenate nella sua maison veneziana, Palazzo Grassi, inaugura il 6 giugno il nuovo museo di Punta della Dogana.
A settembre, Mostra del Cinema e lavori in corso per il nuovo palazzo al Lido, da terminare per il 2011.

Non lo so se muore, ma appena fuori dai tour turistici è buia e deserta.
Attraverso due canali, seguendo a naso la direzione, costeggio l'acqua, non mi perdo.
Il mio albergo dai pavimenti di legno e i soffitti a travi scure sta qui, o ad Anversa, o a Rotterdam, o a Nyhavn, da almeno cinquecento anni.
Nel giardino minuscolo, dipinge l'ombra di Vermeer, e il cameriere nero gli parla solo in inglese.

Così, miei piccoli lettori, la capra ed io ce la siamo discretamente passata, negli ultimi giorni.
Quelli della Biennale sono un sacco upper, ma gentili.
(Lei è bellissima e dolce, sono sicura di averla già vista in un ritratto di Boldini, o di Sargent, o assomiglia a Katharine Hepburn da giovane.)

Siamo tornate a casa, in tempo per una notte di nuvole.
Il Barça, a Roma, si prende la notte in cui le sue stelle si sono allineate.

lunedì 25 maggio 2009

Se vi domandavate

a Serena Mollicone, a Marirosa Andreotta
alle ragazze

Non è una velina, no.
Voleva, i suoi sogni di sicuro arrivavano al massimo lì.
Ma non ha fatto in tempo, perchè appena prima che iniziasse la prevedibile scalata di provini e casting periferici, ha svoltato.

(E poi, guardatele, le veline, i prototipi delle vere veline. Ely che a distanza di anni si divide ancora il cane con quel bambascione di calciatore, e intanto invecchia di fidanzati, la Maddy che al massimo ha pescato un comico anziano e adesso un cantante strano.)

Lei no.
E' di una specie assai più antica, ma ripresa un po' impietosamente come succede oggi, su youtube e in foto da book di provincia.
La specie con madre al seguito, con madre accanto, con padre invisibile e consenziente, in nome di un destino inimmaginabile prima, in nome di un'esistenza (tre esistenze, lui pensa che qualcosa gli spetti, qualcosa arriverà) che appunto svoltano.
La specie con abiti e occhiali da sole e tacchi che la sua famiglia non può permettersi, la specie in auto blu al seguito dopo i ricevimenti, la specie del brillantino qualunque, delle tabaccherie o profumerie o boutiques intestate per la tranquillità.

Ma chi direbbe di no, andiamo, non si può: e se è vendere, chi venderebbe meglio di così, tutti vendono qualcosa, e di solito a meno.

Se vi domandavate cosa avviene in certi palazzi romani e in certe ville sarde, e di certi giri di ragazze, e del viagra.
Se vi domandate anche voi se non sta bene, se è svarione e delirio di onnipotenza o sfida alla giovinezza.
Se vi domandate - in genere dopo aver letto Chi - del potere e dell'etica.

Sonnecchia appena, in questo paese, una pancia antica.

Se vi domandavate come fosse, che faccia avesse una puttana di regime, potete guardare i giornali, di questi tempi.

martedì 19 maggio 2009

Senz'altro

ho nel cuore una cometa, se mi guardi la vedrai
Fabio Concato, Sexi tango

Li ho visti stasera, fuori dall'Esselunga.
Una coppia. Lui portava a mano una bicicletta vecchia, con attaccato il sacchetto di plastica gialla con scritto grande giùiprezzi, i capelli rasati, un braccio molto tatuato. Si girava un po' indietro, per guardarla. Lei era piccola, e teneva il passo, i capelli scuri lisci e corti, vestita in un modo che i miei occhi hanno classificato con banale imprecisione come dimesso.
Primo pensiero: tecnicamente, poveri.
Secondo pensiero, passando accanto con la borsa di Gucci e gli occhiali scuri da diva e tutto il resto: non sarò mai come loro.
Io sono fatta di cose, e di irrequietudine, di sguardi oltre, desideri e ambizioni, sospetto mediocri.

Non ne sono, non ne sarò mai capace: di quegli sguardi non inquieti, della gioia senza domande negli occhi con la quale si guardavano.
Della meraviglia amorosa e appagata - senza altro, meraviglia, punto - per il bimbo, piccolissimo, che lei teneva in braccio.

domenica 17 maggio 2009

Anno uno


Pablo Picasso, Tete de chevre de profil I, 1950
Plat rond-carré, faience blanche, décor paraffine oxidée et aux engobes, bain d'email

La capra ha compiuto un anno.

Sono in ritardo di un pezzo, nei festeggiamenti, essendo che il primo post risale all'11 maggio, nemmeno ho il tempo di respirare, di questi tempi.

Ma tant'è, cento di questi giorni, eppi borsdei, capra.

Credo che la capra abbia mantenuto le promesse, di trovare, all'incirca, l'oro nei (miei) giorni.

Ero partita da Virginia (Woolf) e da Sylvia (Plath), da una stanza e dai trucchi, dal formaggio e dal miele, e mi pare di aver fatto un pezzo di strada.

Amati ospiti, senza eccezioni, sono stati Monsieur et Madame Chagall, Virginia e Sylvia of course, e Julia Roberts, tutti i Creativi, la memoria di Giovanni Falcone e Pierpaolo Pasolini, la copertina di Ligabue su Vanity Fair, Rumiz, Roberto Saviano e tutti quelli che si indignano, il giovane Holden, Marco Lombardo Radice da chissadove e la dottoressa bionda (bisognerà che prima o poi le parli della capra), e il catalogo dei suicidi, Obama, un certo giudice, un certo quadro, e Mazen che mi ha prestato musiche poesie e disegni, e A., il Piccolo Principe con la Volpe e la Rosa, il Porcospino di Schopenhauer, l'uovo di Alien, certe stanze e un Natale molto speciale, e John Donne, e Emily Dickinson. e Wyatt e la Sternen-Nacht e Sean Penn.
Amato ospite è, e sarà sempre, l'uomo che pensa.

Soundtrack: Have yourself a merry little Christmas, e Mina, Il Genio all'Alcatraz, Milano e Arisa al Circolo degli Artisti, Roma, Corelli e Monteverdi e il Canone di Pachelbel, Estate dei Negramaro, e i Coldplay e Informazioni di Vincent e Dolce amore del Bahia, e Cesare Cremonini che canta Sardegna e Morgan che canta con Giorgia The long and winding road, e Stairway to heaven, e il Quinto Brandeburghese.
Grazie agli amici che sono passati e passano di qui, di tanto in tanto.
Avere nella testa e nel cuore la capra è stato, ed è, un bell'andare.

venerdì 8 maggio 2009

Trekking


Il bosco è misto, il sentiero a volte erto, panorami che non aspetti e scarpate.
Ma lo ami, in un attimo.
Credits
Maggio, esterno giorno, penombra.
Camera con vista mare.

mercoledì 22 aprile 2009

Cose di questo mondo


Abbiamo avuto un terremoto, un cargo con a bordo 150 migranti a girovagare nel Mediterraneo in attesa che qualcuno li accogliesse, e Ahmadinejad è andato alla conferenza ONU sul razzismo giusto per dire che Israele è razzista, provocando un casino (ma noi e la Germania, furbissimi, nemmeno ci eravamo andati, così quell'elegantino del ministro Frattini ha potuto dire noi-l'avevamo-detto).


E' passata la Pasqua, e ci avviamo verso l'infilata il 25 aprile - 1°Maggio, e verso - tenetevi forte - una settimana di vacanza in giugno. Non prima, tuttavia, di aver festeggiato il primo compleanno della capra, e non par nemmen vero ma ci siamo, tra poco.

E' da un po' che non vi racconto dei Creativi, perciò ci sta un aggiornamento in ordine sparso.
Dunque: la capa Ginevra dice che si sente una "maestra d'asilo" (sic), perchè passa il tempo a dirimere discussioni tra i suoi, che segretamente hanno la perniciosa tendenza a reputarsi tutti un incrocio tra Gavino Sanna, Oliviero Toscani e geniali come Renzo Piano, però incompresi.

Nello stesso tempo, convince di giorno in giorno il Rude che i Creativi dopotutto, non sono inutili e semmai dannosi, e cerca di dare un senso al business plan.

L'Incantevole è felicemente incinta, e diventa nervosa se le si dice che è nervosa, ma è per via degli ormoni, e cerca di convincere tutti che, dalla sala parto, potrà essere comunque in videoconferenza col Cliente, perchè non è che oggigiorno una donna si fa fermare da così poco, via.
Odia tutti, in quanto non si capacita che qualcuno possa anche solo vagamente pensare a sostituirla nel periodo di maternità, con qualche intruso che - chiunque sia, lei pensa - avrà infinitamente meno talento di lei e dunque sarà inutile, se non dannoso per il business.

In realtà è già arrivato l'Inglese (che è barese, ma in effetti arriva da Londra, dove ha vissuto negli ultimi due anni), che è tanto calmo quanto l'Incantevole è elettrica, per compensare.

Il Creativo Digitale si è (felicemente) innamorato su facebook, e ti pareva.

Quanto a me, viaggio e ho almeno tre progetti bellissimi in corso, e dal momento che sono molto felice, vado d'amore e d'accordo con (quasi) tutti, persino lo strategico sedicente Caparezza, sì, proprio lo stesso Caparezza che mi aveva sbagliato un budget di soli, miseri 130mila euri, mesi fa, e sì, lo stesso Caparezza che usa Powerpoint come lo usavano prima della caduta del muro di Berlino, e ancora lui, quel Caparezza con il quale ci siamo scazzati appena la settimana scorsa su una presentazione per un evento, presentazione peraltro molto brillante una volta arrivati davanti al cliente in piena armonia (ma questo, in effetti, è stato dopo che siamo stati entrambi levati dal mondo da Ginevrina nostra).

Mi manca il Crotalo, che vedo di tanto in tanto, sempre a coltivare le rose e il suo magnifico nuovo bambino. Se lo conosco, tornerà presto a dar battaglia.


Stiamo tutti, e non solo noi, segretamente, resistendo a una crisi economica della quale ancora non conosciamo i confini.
Non sappiamo quanto i clienti taglieranno ancora i loro budget, e quanto sangue chiederà il nostro Internazionale.
Il Rude e M. mi pare resistano in trincea con tenacia silenziosa, e forse, in quella solitudine, imparano cose che voi umani, ecc ecc

martedì 21 aprile 2009

L'uomo che pensa

Conosco un uomo che pensa.
Pensare è la sua attività principale in realtà, perchè è un filosofo.
E' affilato come una lama, e ha la grazia di un poeta.
Scrive libri e poesie, infatti, e quando scrive e pensa e parla si dimentica di essere bellissimo.
Ha talento, lo sai a guardarlo, come sapresti dire il colore dei suoi occhi.
Usa se stesso come un lanciafiamme, e porta segni che a mala pena decifro.
E' gentile e sexy, ombroso e romantico, e ha lo sguardo impaziente.

E' - ma che ve lo dico a fare - nel mio cuore.
Nel suo, credo di esserci anch'io.

Persino l'happy end stasera, miei piccoli lettori.

mercoledì 15 aprile 2009

Costruzioni

L'Auditorium di Roma, progettato da Renzo Piano, è bellissimo e pieno di scale.

Il Porto Antico di Genova, progettato da Renzo Piano, è meraviglioso.

La sede de IlSole24Ore, a Milano, progettata da Renzo Piano, è un magnifico edificio pieno di luce.

A Firenze c'è una antica chiesa a torre, anch'essa piena di scale, progettata circa verso il 1290 da Arnolfo di Cambio. Il salone a colonne all'ultimo piano offre una vista da ricchi sulla città e le colline.

Dall'alto delle Calanques, vicino a Marsiglia, la vista è di gran lusso, e profumata di macchia mediterranea.

Sono grata allo straordinario talento di Renzo Piano.
A un certo signore con il quale anni fa, in effetti, si giocava alle costruzioni, per un pranzo fiorentino.
Al taxista che mi ha lasciata all'angolo tra via del Corso e largo Augusto Imperatore, ai passi lenti in via Condotti e all'aria rosa di Roma.
A una valle nascosta dell'entroterra ligure dove batte il cuore di un uomo che amo.
Sono grata ai viaggi, tutti, e ai compagni di viaggio.

Piccoli favori, la capra va, amici miei.

lunedì 23 marzo 2009

Nessuna notizia

No man is an island, entire of itself;
every man is a piece of the continent, a part of the main.
If a clod be washed away by the sea,
Europe is the less,
as well as if a promontory were,
as well as if a manor of thy friends
or of thine own were.
Any man's death diminishes me,
because I am involved in mankind.
And therefore never send to know for whom the bell tolls: it tolls for thee.

Non ho niente da scrivere - questa è la verità.
Comunque, niente di vagamente paragonabile a John Donne qui sopra.


Avviene che c'è un momento, forse, in cui una persona quasi miracolosamente si compie.
Prima forse aspetta, scava, guadagna terreno per anni, metro a metro, senza sapere realmente cosa accidenti stia facendo.
E corre, rischia la notte e la solitudine e occhi e aerei e treni che scappano via. Corre sempre, vede, pensa a restare viva, a volte oltre il ragionevole.
Infine, senza un luogo e un senso e un movimento precisi, il deserto che era fuori e dentro, allora in un istante fiorisce.

Così, dove non si sapeva di andare, si è; e dove non si sapeva di avere talento, si sa di averlo, come di avere due mani; e anche gli altri, dove non vedevano, sanno; e si è un luogo, finalmente; e posti e persone cui non si sapeva di appartenere, diventano all'improvviso casa; e in stanze buie e fredde dove non si contava più di entrare, si aprono le finestre per le pulizie di primavera; e si intuisce di non essere lì da soli, e di desiderare proprio quella compagnia.

La chèvre c'est moi.
Le lacrime, e i passi e le ombre, miei.
Ma il violino, en fin, è il mio.

giovedì 12 marzo 2009

Uno spirito artistico

Non ci crederete mai, miei piccoli lettori, ma qui sono scattate le pulizie di primavera.

A partire da casa, ovviamente, e vi doveste domandare quando mai ciò accada, la risposta può essere una sola: le faccio di notte.

Escluso durante la settimana, che in generale non sono a casa, esclusi i weekend che ho decisamente di meglio da fare, lo capite da voi che non restava altra soluzione.

Ho persino messo in ordine il mio ufficio, subito dopo che in uno sguardo alla scrivania mi sono vergognata del casino.
Non per altro, dovessero per caso passare il Rude o - peggio - M. che è un precisino.

E guardate che ho trovato, liberando la scrivania da circa sei strati di progetti di varie epoche, morti semimorti ongoing, riviste trade, vecchi numeri di Vanity Fair, ritagli e strappi.

Per vivere a lungo in due bisogna avere uno spirito artistico e non cedere a quella concezione così diffusa che intende la libertà come revocabilità di tutte le scelte, perchè là dove un amico, un amante, una moglie, un marito, al pari degli oggetti, diventano intercambiabili appena l'insorgere di una passione li trascina verso altri lidi, là dove la decisione non comporta effetti irrevocabili, non muta il corso delle cose, non produce eventi che possono essere anche irreversibili, non si costruisce alcuna biografia, non si scopre nulla di sè e tanto meno dell'altro, ma soprattutto si scambia la libertà di scelta con una vera e propria astensione dalla scelta.

Questo sopra e sotto è Umberto Galimberti su passione e fedeltà.

(...) questo genere di amore non si alimenta in quell'evasione dal mondo tipico della passione, ma assume un impegno nel mondo, non per una decisione di fedeltà, che di per sè non è un valore, ma perchè non c'è creazione che non insista sull'opera, come ogni artista sa quando nell'opera che sta creando vede il riflesso e l'espressione di sè.

Medito, medito.

venerdì 6 marzo 2009

Il mio letto è una nave

E' così deliziosa questa traduzione italiana di Roberto Mussapi che ve la posto qui al posto dell'originale (inglese).

Mi è tornata in mente perchè - per dire e non dire con quell'anima santa di Marcel Proust - longtemps, je me suis couché de bonne heure.
Vien facile che o uno si mette a letto e scrive (2000 pagine), o l'unica cosa da fare è salpare.

E' Stevenson - che era un tipo mezzo scozzese e mezzo francese, con una moglie americana e amante dei viaggi, nato a Edimburgo e morto a Samoa (appunto), a 44 anni, nel 1894. Era, come si nota, cagionevole.
No Robert Louis, no Isola (del tesoro), nè Dottor Jeckyll, né Master of Ballantrae.
E nemmeno questa.

Il mio letto è come un veliero:
Cummy alla sera mi aiuta a imbarcare,
mi veste con panni da nocchiero
e poi nel buio mi vede salpare.

Di notte navigo e intanto saluto
tutti gli amici che attendono al molo,
poi chiudo gli occhi e tutto è perduto
non vedo e sento più, navigo solo.

E a volte mi porto a letto qualcosa,
come ogni buon marinaio deve fare,
a volte una fetta di torta cremosa,
a volte balocchi per giocare.

Navigo tutta la notte come in volo,
ma quando infine il giorno è ritornato
salvo nella mia stanza, accanto al molo
il mio veliero è di nuovo attraccato.

Doveste domandarvelo, non navighiamo sole, la capra ed io.

giovedì 19 febbraio 2009

Pòrtati via

Sarò anche fuori (dal mondo) di 'sti tempi, ma mi distraggo un attimo e ti scopro che è iniziato il festival di Sanremo.
Io vi lascio questa, di canzone, ma per ragioni strettamente personali.

In second'ordine, ve lo dico circa come gossip - ti scopro anche che Veltroni si è dimesso.

Ci ha messo un discorso di 45 minuti, di cui circa 40 veramente inutili.

In sintesi, no we can't.

E si era capito, Uolter, ma da mo' eh.

Me lo chiedevi un anno fa e te lo dicevo io, fossi passato a casa una sera a scusarti di tutto.

Il PD, oltre ad aver veramente rotto i maroni, sta al 25% dei consensi nei sondaggi, e io non ho più comprensione, nel senso che proprio non so più dove trovarla.

A fare il reggente c'è Franceschini (perbacco, adesso sì che abbiamo uno statista da sfoderare), e via tutti in costituente (ancora?), e via tutti alle primarie (di nuovo?), ma uno cosa deve pensare.

Notizia di oggi/1 Nel PD si sospetta un asse Bersani-Franceschini. (Capito? Loro fra di loro con loro e per loro - si sospettano a vicenda)

Notizia di oggi/2 Silvio voleva telefonare a Uolter, "ma poi gli è passata la voglia", e siccome uno solo resterà, ha già detto che farà fuori anche il prossimo segretario, come a birilli. Gli credo sulla parola.

Notizia di oggi/3 Secondo i sondaggi di Repubblica e Corriere, il nuovo segretario non deve essere uno di quelli che immaginiamo noi nelle nostre testoline, ma "uno nuovo". Immagino, a scelta - abbronzato, oppure con lunghe orecchie che escono da un cilindro.

Notizia (di lunedì)/4 Renato Soru domenica ha perso l'elezione a governatore della Sardegna, e invece di questo grandemente mi rammarico.

Inutile dire che non ce la posso fare, no no.

Quanto a Uolter, adesso può dividersi tra l'Africa e il Lower East Side.
Io preferirei francamente che il Lower restasse incontaminato, ma capisco, capisco.

venerdì 13 febbraio 2009

Le cose che pensano

Trascuro la capra, lo so.

La trascuro perchè vorrei scrivere di nuovo di Eluana Englaro (avevo scritto qui e qui), ma quello che volevo dire sta già scritto qui, amen.

La trascuro per via di certi sogni che ho sognato e perchè piove e nevica e fa freddissimo ma qui è primavera in anticipo, per i Negroni in giro, per le sere a teatro, per Milano che a volte è generosa.

La trascuro per Sean Penn, che è un incanto in Milk.
La trascuro per camminare in campagna, che la domenica mattina il fiume sembra un dipinto di Ruisdael.
E, se considerate che a me fa impressione l'erba, lo capite da soli ecc ecc

La trascuro e probabilmente diventerò anche ignorante di ritorno, ché non tocco un libro da Natale, e la biografia di Elisabetta I giace miseramente in fondo alla solita valigia.
La trascuro perchè domani lavoro (ah, gli eventi: mestiere ingrato che si fa la sera e nei weekend).
La trascuro perchè pare che da queste parti, la notte, non si dorme - e nemmeno si scrive però.
La trascuro in realtà perchè - delle molte cose che mi sono accadute nelle ultime settimane - nessuna mi va di raccontarla, essendo che sono cavoli miei e voi piccoli lettori fatevene una ragione, amen.

Edit
Non credo di avervi mai linkato questo dialogo, da cui insomma è nata la capra, perciò ve lo metto qui ora.
Anna Scott: I can't believe you have that picture on your wall.
William: You like Chagall?
Anna Scott: I do. It feels like how being in love should be. Floating through a dark blue sky.
William: With a goat playing the violin.
Anna Scott: Yes - happiness isn't happiness without a violin-playing goat


Cosa resta se si sottraggono i discorsi, e il sesso, e le risate e i dubbi e la paura e il futuro di cui parla Giovanni? Resta l'ombra calda della felicità, restano le cose che pensano, e - sospetto - l'amore.

domenica 1 febbraio 2009

Del come l'amore va a onde

Del guardare a pezzi e della distanza dalla quale si vede meglio, del movimento controluce, del sonno e dei risvegli, del tempo misurato con l'amore e dell'amore misurato col tempo, dei saperi e degli immaginari, del prima, del più tardi, del forse, dei sogni sui libri, e di tutti i film, delle cose che si sapevano già e di tutte quelle da dire, del fermarsi a tanto così e da quale parte stare, della paura e dello stupore e delle cose che rullano, della prudenza e degli estremi, del cibo, del vino e del fumo.

Dell'andare sapendo di voler tornare, del come l'amore va a onde.



Credits
osteria (con camere?), interno giorno, sabato in gennaio

sabato 24 gennaio 2009

Nomi e cognomi

Renzo Tondo, carnico, il politico che ha sconfitto Riccardo Illy, non ha mai fatto mancare l'appoggio agli Englaro (anzi, era andato da solo a trovare Eluana nella clinica e s'era chiamato fuori dalle prese di posizione del governo romano) e sa benissimo che c'è un profondo rispetto umano per questa vicenda. "Il papà di Eluana - continua perciò Franca Alessio - è più orientato verso questa struttura e le trattative, anche se sono cominciate mercoledì, sono più avanti. C'era già un protocollo operativo, ci sono ragioni affettive sulle quali non entro. Però un fatto è certo, il ventaglio di possibilità oggi si è ampliato e dobbiamo solo ringraziare".
La clinica di Udine, che ha riaperto la porta, è autonoma del tutto: si paga la sopravvivenza con le rette dei 450 ricoverati, tra i quali molti lungodegenti, qualche ultracentenario e non pochi non autosufficienti. Cinque consiglieri e il presidente sono nominati dal Comune, uno dalle casse di risparmio. E il consiglio d'amministrazione, che resta in carica sino al 2010, a maggioranza si è espresso per il sì all'arrivo di Eluana. Un sì chiesto anche dal sindaco Furio Honsell a Ines Domenicali: è lei la presidente del cda, dopo aver lavorato per venticinque anni all'Istituto di storia della Resistenza e aver scritto il libro sulla partigiana friulana Virginia Tonelli. Particolare da non sottovalutare, a Udine c'è Amato De Monte, e cioè il primario di Rianimazione che è andato dal neurologo e palliativista di Monaco di Baviera, Gianfranco Borasio, consulente della Chiesa cattolica tedesca, per confrontarsi sulla via più adatta ad accompagnare un paziente in stato vegetativo alla morte. De Monte ha sempre detto: "Ero e resto disponibile". Nello studio dell'avvocato Giuseppe Campeis si stilerà un nuovo protocollo, simile al primo, poi ci sarà l'ultimo ricovero di Eluana. Frattanto, la sentenza del Tar della Lombardia, data per probabile ieri, non è stata depositata: non si sa ancora se i magistrati della Terza Sezione sanzioneranno la Regione Lombardia, presieduta da Roberto Formigoni, per non aver rispettato la sentenza della corte d'appello milanese. Mercedes Bresso, presidente della Regione Piemonte, che insieme al collega dell'Emilia Vasco Errani ha dato ampia disponibilità agli Englaro per il ricovero di Eluana, sinora non ha ricevuto richieste formali. E, in ogni caso, fa sapere che rispetterà la privacy il più possibile.
(Piero Colaprico su Repubblica di oggi)


Poi, con una donna già andata via e con un padre che bussa, dopo il Papa e i cardinali e il Governo di questa Repubblica, dopo quelli che calpestano la legge e i diritti e le sentenze di questo Stato, e dopo tutti quelli che pensano e non dicono, dopo quelli che pregano o si indignano sui blog o entrambe le cose, restano loro. Nomi e cognomi, dalla stessa parte.

martedì 20 gennaio 2009

Wyeth


E' morto Andrew Wyeth.
No, stavolta niente elenco dei suicidi: aveva 91 anni, ed è morto nel suo letto.
Io lo adoro, ma pensavo fosse morto circa dai tempi della corsa all'oro in Klondike, beata ignoranza.
E' anzi assai probabile che mi sia stupita di non trovarlo nella sezione dell'Ottocento americano al Met, insieme a chessò Mary Cassatt, a Whistler o a Sargent.
Questa qui sopra, con l'aria che sostiene netta il velo di tenda, sembra proprio la finestra di Amherst, Mass.
Invece no, era contemporaneo di Georgia o'Keeffe e di Diego Rivera, di Frida Kahlo e di Hopper, solo che loro sono morti tutti da trent'anni almeno, per non dire cinquanta.

Ha scritto Henry James, newyorkese che di americans ci capiva:
if I were to live (e non fate finta di non notare l'eleganza ottocentesca della costruzione ipotetica inglese, ndr) my life over again, I would be an American. I would steep myself in America, I would know no other land.
Oggi è il giorno di Obama, in amore con il suo Paese.
Ah, l'America.

venerdì 16 gennaio 2009

Ferro, ghiaccio, cemento, fuoco

E' stata una settimana dura come il ferro.
La verità è che mi manca il Crotalo, ora ufficialmente in gardening leave.

A Battery Park, Manhattan, NYC, hanno parcheggiato l'aereo caduto nell'Hudson. La colpa, come spesso accade, è di un branco di oche.
Lo diceva sempre mia madre, a me e alle mie tre amichette dei 14-15-16 anni: sembrate sempre un branco di oche, intendendo che avevamo una certa tendenza a far danni, e infatti.
(Fa freddissimo, a New York: -15°, e io vorrei tanto essere lì).

Vi domandaste dov'è Rumiz (eddai, sono mesi che non vi tormento), a Capodanno era sulle Alpi a visitare tutte le stazioni sciistiche devastate dal cemento e mai decollate, ora abbandonate e fatiscenti, tra il Piemonte, la Lombardia, il Veneto e il Trentino. Chissà il cenone.


Vi domandaste infine dov'è la capra, è in cortile che gioca a mondo con il Piccolo Principe, la Volpe, la Rosa, il Porcospino di Schopenhauer, Mina e Cocciante. Ah, e l'uovo di Alien.

lunedì 12 gennaio 2009

La ricetta del pane

Ci sono momenti, nella vita, nei quali decisamente l'unica cosa sensata che una donna può fare è scrivere la ricetta del pane.

Sbriciolate il lievito in una ciotola e bagnatelo con acqua tiepida.
La temperatura dell'acqua è molto importante, ed è perfetta a 37 gradi, la stessa temperatura delle dita.
Unite il sale, e un po' di farina alla volta.
Lavorate la pasta con le mani: all'inizio sarà appiccicosa e rimarrà incollata alle dita, ma a poco a poco diventerà morbida ed elastica.
Copritela, e lasciatela riposare al riparo dalle correnti d'aria.
Non mettetela mai vicino a una fonte di calore, ci vuole il suo tempo.
Impastatela di nuovo, mettetela su una teglia coperta da un telo, e lasciatela lievitare ancora, poi mettetela nel forno freddo.
Lasciate cuocere a 220° per 15 o 20 minuti fino a quando il pane sarà dorato, poi abbassate la temperatura e lasciate cuocere ancora per quindici o venti minuti.
Tagliate il pane a fette regolari con un coltello seghettato, o spezzatelo con le mani, senza dimenticare le rose.

Questo post è per le cose che vanno e per quelle che vengono, e per te.

domenica 11 gennaio 2009

E se vai

E se vai all'Hotel Supramonte e guardi il cielo
tu vedrai una donna in fiamme e un uomo solo
e una lettera vera di notte falsa di giorno
poi scuse accuse e scuse senza ritorno
e ora viaggi vivi ridi o sei perduta
col tuo ordine discreto dentro il cuore
ma dove dov'è il tuo amore, ma dove è finito il tuo amore.


C'era quella faccenda dell'Hotel Supramonte: cioè, uno viene rapito in Gallura, torna e guarda in basso in una foto in bianco e nero che diventa un'icona, e poi scrive una canzone meravigliosa.
Dieci anni fa esatti è morto Fabrizio De André. Non l'avevo mai amato, semplicemente perchè non capivo niente nè di lui, nè della sua musica. Mi sembrava, da ragazzina, brutto, per dire - ed era bellissimo. Piaceva a mio fratello, e quindi mi sembrava noioso. Non avevo assolutamente idea del motivo per cui dovessero sembrarmi così interessanti le sue storie di puttane e amori tristi.
Però c'era, nelle interviste in tv, una giovane donna esile e bionda, capelli biondi e occhi biondi e voce bionda, che lo guardava come se un mago avesse bussato alla sua porta. Però fumava in modo irresistibilmente sexy, e sembrava che avesse in effetti visto tutto. E però la voce bruciava le parole.

lunedì 5 gennaio 2009

I prefer


Per la categoria i pensierini per l'anno nuovo, vi passo direttamente a Wislawa Szymborska, per la quale devo un credito a quel gioiellino che è manginobrioches. Ve la posto in italiano, poichè l'originale in polacco mi sembra una inutile crudeltà per un inizio d'anno soave.

Preferisco il cinema.
Preferisco i gatti.
Preferisco le querce sul fiume Warta.
Preferisco Dickens a Dostoevskij.
Preferisco me che vuol bene alla gente, a me che ama l'umanità.
Preferisco avere sottomano ago e filo.
Preferisco il colore verde.
Preferisco non affermare che l'intelletto ha la colpa di tutto.
Preferisco le eccezioni.
Preferisco uscire prima.
Preferisco parlar d'altro coi medici.
Preferisco le vecchie illustrazioni a tratteggio.
Preferisco il ridicolo di scrivere poesie, al ridicolo di non scriverne.
Preferisco in amore gli anniversari non tondi, da festeggiare ogni giorno.
Preferisco i moralisti che non promettono nulla.
Preferisco una bontà avveduta a una credulona.
Preferisco la terra in borghese.
Preferisco i paesi conquistati a quelli conquistatori.
Preferisco avere delle riserve.
Preferisco l'inferno del caos all'inferno dell'ordine.
Preferisco le favole dei Grimm alle prime pagine.
Preferisco foglie senza fiori che fiori senza foglie.
Preferisco i cani con la coda non tagliata.
Preferisco gli occhi chiari perché li ho scuri.
Preferisco i cassetti.
Preferisco molte cose che qui non ho menzionato
a molte pure qui non menzionate.
Preferisco gli zeri alla rinfusa che non allineati in una cifra.
Preferisco il tempo degli insetti a quello siderale.
Preferisco toccar ferro.
Preferisco non chiedere per quanto ancora e quando.
Preferisco considerare persino la possibilità
che l'essere abbia una sua ragione.


Quanto a me, nel 2009 preferisco continuare a avere lo sguardo di una che non ha addosso il cartellino del prezzo, qualunque prezzo questo abbia.

Buon anno, piccoli lettori della capra.

Credits
Wislawa Szymborska è nata nel 1923 in Polonia, ha avuto il Nobel per la letteratura nel 1996 ed è tradotta in italiano (dal polacco) da Pietro Marchesani, per il meritevole Scheiwiller prima (del Nobel) e per Adelphi dopo il Nobel, e d'altra parte chi non morirebbe per una di quelle copertine chessò azzurro polvere o verde argenteo scelte da Roberto Calasso?
(Il quale Calasso, by the way, si è appena pubblicato uno straordinario saggio dal titolo La folie Baudelaire, di imbarazzante cultura).

Le Three Candles sono state dipinte tra il 38 e il 40 dell'altro secolo da Chagall, e qualcuno - beato lui - se le guarda ogni sera prima di addormentarsi.